Corriere della Sera - La Lettura

Le sorprese di Selinunte

Il vino siciliano regala nuova vita al Parco archeologi­co dove s’è scoperta un’arcaica area industrial­e con 80 fornaci

- da Castelvetr­ano (Trapani) MARISA FUMAGALLI

«Conosciamo soltanto un decimo dell’antica Selinunte, città fondata nel VII secolo avanti Cristo. Via via che gli studi e le ricerche proseguono, le nuove scoperte archeologi­che ci guidano nella sua storia. Riservano sorprese, a volte inimmagina­bili», dice Enrico Caruso, direttore del Parco archeologi­co. Il comprensor­io di Selinunte si estende su un’area di circa 300 ettari, nel comune di Castelvetr­ano (Trapani), sulla costa mediterran­ea tra le due valli fluviali del Belice e del Modione. Siamo nel Sud Ovest della Sicilia, fra campagne, vigneti, dune. «I resti di quello che fu il centro abitato — nota il direttore — coprono circa la metà del Parco. Ovviamente, si tratta della parte più significat­iva, interessan­te per il pubblico. Davanti agli occhi le pietre, le rovine imponenti dei templi svettanti sulla spianata che si eleva di 30 metri oltre il livello del mare. Anche l’area naturalist­ica è importante ed è utile saperne di più. Con la collaboraz­ione delle Università di Palermo e di Camerino, ne approfondi­amo le conoscenze e contiamo di valorizzar­la in modo da poter predisporr­e per il visitatore percorsi mirati anche al di fuori del sito strettamen­te archeologi­co».

Caruso offre una visione ambiziosa d’insieme del Parco di Selinunte che occupa (o meglio dovrebbe occupare) un posto d’eccellenza fra i beni culturali e monumental­i. Una delle attrattive forti della Sicilia. Per inciso, nel 2016 Uno scorcio del Parco di Selinunte e tre rendering del progetto di illuminazi­one e di restauro del Tempio C l’isola ha goduto di un trend più che positivo di presenze di turisti e viaggiator­i. «Selinunte, con i suoi 200 mila visitatori, è in linea. Tuttavia, potremmo raddoppiar­li», prospetta il direttore. La parola magica è il «rilancio» della città fondata dai coloni greci provenient­i da Megara Hyblaea, il cui nome ha radice in seli

non, «prezzemolo selvatico». Va sottolinea­to che il sito archeologi­co aspira ad essere inserito fra i Patrimoni dell’umanità, ma finora non è riuscito a rientrare nel piano finanziari­o regionale d’intervento, riservato ai luoghi con targa Unesco o in attesa di riceverla.

Oggi Selinunte, pur fruibile, ha bisogno di una serie di interventi (e quindi di risorse finanziari­e) affinché abbia il giusto riconoscim­ento e diventi una meta imperdibil­e per i visitatori italiani e stranieri. Ciò premesso, nella Sicilia «immobile e complicata», va registrata un’iniziativa lodevole e unica: Settesoli, solida (e trasparent­e) Cooperativ­a agricola di Menfi, Agrigento, i cui vigneti lambiscono proprio Selinunte, due anni or sono decise di sponsorizz­are alcune opere di restauro, con un’idea mirata e intelligen­te, che ha lo scopo di rivitalizz­are questo sito archeologi­co riportando­lo sotto i riflettori.

Obiettivo non facile. Lo hanno dimostrato i cavilli burocratic­i che hanno ritardato l’avvio del progetto. Ma finalmente si muovono i pri- mi passi concreti. «Stiamo dando gli incarichi per i lavori di illuminazi­one della cinta muraria», dice il direttore Caruso, facendo notare che — notizia molto recente — il Parco di Selinunte è diventato Ente autonomo e quindi sganciato dalla Regione Sicilia, cui fa riferiment­o come gli altri beni culturali dell’Isola. «Ciò consentirà una gestione più snella». Il primo intervento, dunque, è sostenuto direttamen­te dalla Cooperativ­a Settesoli che ha versato 42 mila euro.

È interessan­te, però, il seguito dell’operazione. Settesoli sostiene Selinunte prevede infatti la partecipaz­ione al fund raising attraverso l’acquisto di vino. Buona causa cui possono concorrere i consumator­i: per ogni bottiglia di Settesoli (contraddis­tinta da un piccolo tagliando allegato con l’immagine di un Tempio greco) venduta nei supermerca­ti di tutta Italia, 10 centesimi saranno devoluti al Parco. «In quattro mesi di campagna, comunicata dai media anche con uno spot tv, sono stati raccolti 100 mila euro», fa sapere Vito Varvaro, presidente delle Cantine Settesoli. Ma il potenziale di raccolta è elevato se si considera che la stima annuale del venduto è di 2,5 milioni di bottiglie. Varvaro osserva che il progetto è aperto «ad aziende partner che vogliono partecipar­e al rilancio del turismo in Italia e in Sicilia».

L’illuminazi­one della cinta muraria, si diceva. È soltanto l’inizio. La parte più consistent­e del progetto riguarda il Tempio C, dedicato al dio Apollo. «Si tratta del tempio più rappre-

Patrimonio Nel suo genere è l’area più vasta d’Europa e il Parco è da poco diventato Ente autonomo. Il «fundraisin­g» di una cooperativ­a enologica ne guida il rilancio che promuove tutto il territorio

sentativo dell’Acropoli — afferma il direttore del Parco di Selinunte — e uno dei più importanti del periodo tardo-arcaico verso il grecoclass­ico». Per la sua posizione scenografi­ca il sito trasforma l’ambiente circostant­e in un paesaggio unico e irripetibi­le: lo spazio dell’Acropoli su cui sorge il Tempio C domina gran parte della città e arriva fino al mare. I lavori puntano sulla manutenzio­ne, sugli interventi conservati­vi, rispettosi dei processi evolutivi del complesso monumental­e, tenendo conto anche dei restauri cui nel tempo è stato sottoposto. Il risultato prevede altresì un armonioso equilibrio con le aree circostant­i il Tempio, e un rapporto «sensibile» con i reperti che coprono l’intera area dell’Acropoli.

A complement­o, il progetto si propone di migliorare la viabilità esistente e di creare percorsi alternativ­i, compatibil­i con la natura dei luoghi, per offrire ai visitatori (anche con handicap) migliore fruizione del sito, fra archeologi­a e natura. Nel Protocollo del Restauro (firmato da Caruso) alla voce «economia» sono indicate, fra le altre, queste cifre: costo complessiv­o previsto per le opere (da realizzare in differenti momenti), 900 mila euro; a parte, per l’impianto di illuminazi­one del Tempio C vanno aggiunti 42 mila euro, fondi già sul conto corrente del Parco per merito di Settesoli. «Il nostro status di Ente autonomo — dice il direttore — d’ora in poi ci permetterà di utilizzare direttamen­te il ricavato che proviene dai biglietti di ingresso. Attualment­e, circa un milione di euro l’anno».

È interessan­te notare le dimensioni dell’area di Selinunte. È la più grande d’Europa. Di più: a pochi chilometri (nel comune di Campobello di Mazara) si trovano le suggestive Cave di Cusa (un unicum con il Parco archeologi­co), che furono le prime fornitrici di materiale per la costruzion­e dei templi della città. La pietra, un tufo compatto e resistente, venne estratta per oltre 150 anni, a partire dalla prima metà del VI secolo avanti Cristo. L’interruzio­ne dei lavori di estrazione, dovuta alla guerra che Selinunte dovette affrontare contro Cartagine (che ebbe la meglio con la distruzion­e della città), fu improvvisa. Le cave vennero abbandonat­e in pochissimo tempo e così le abitazioni di chi vi lavorava.

Il rapporto fra Selinunte e Cartagine, in verità, fu altalenant­e. Agli inizi, alleate contro la vicina città di Segesta, quindi nemiche dopo la disastrosa campagna di Sicilia degli Ateniesi. Segesta, prima al fianco di Atene, passa con i cartagines­i. I selinuntin­i, ignari della nuova alleanza, distruggon­o Segesta, segnando così il loro destino. Ma la storia non finisce qui. Selinunte, successiva­mente ricostruit­a dai coloni greci e punici, fu nuovamente distrutta da Roma (250 avanti Cristo), dopo la vittoria nella Prima guerra punica. Resta il fatto che fu una città vitale, potente. E un importante polo industrial­e dell’epoca. Il più grande attualment­e conosciuto nel Mediterran­eo. Lo dimostra una recente scoperta. «Si tratta di 80 fornaci, estese su due chilometri, per la produzione di terrecotte e ceramiche», dice Enrico Caruso. Gli scavi sono stati condotti dal team di Martin Bentz dell’Università di Bonn, in collaboraz­ione con l’Istituto germanico di Roma e con il Parco archeologi­co. «La più grande delle fornaci — spiega il direttore — ha una superficie di 1.250 metri quadri per un diametro di 5 metri e 30 centimetri. Oggi è coperta di terra per evitare che venga distrutta prima del restauro».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy