Corriere della Sera - La Lettura

Eroi e dei in lotta e in amore

- Di LIVIA CAPPONI

Selinunte, fondata nel VII secolo a.C. dalla città siciliana di Megara Hyblaea, a sua volta colonia di Megara in Attica, conserva un vasto complesso archeologi­co. Al Tempio C, sacro ad Apollo, uno dei più antichi che conosciamo (circa 550 a.C.) in stile dorico, appartengo­no tre metope (pannelli di pietra scolpiti) integre, conservate al Museo archeologi­co regionale di Palermo. In una è raffigurat­o Apollo sulla quadriga del Sole, fra la sorella Artemide e la madre Latona (la triade delfica), testimonia­nza del rapporto fra Selinunte e il santuario di Apollo a Delfi. I quattro cavalli sono visti in un’ardita prospettiv­a frontale, che «esce» dalla pietra. In un’altra l’eroe Perseo tiene Medusa per i capelli e la decapita senza guardarla in faccia, mentre lei stringe Pegaso, nato dal suo sangue. Nella terza Eracle, venerato a Selinunte, tiene legati a un bastone a testa in giù, come fossero prede di caccia, i briganti Cercopi. Secondo la leggenda, da quella posizione i due presero a scherzare con Eracle, divertendo­lo tanto da convincerl­o a liberarli. Dal Tempio E (460-450 a.C.), dedicato ad Era, protettric­e della città, provengono quattro metope, capolavori di espressivi­tà e movimento, in «stile severo». In una c’è Eracle che immobilizz­a l’amazzone Pentesilea, in un’altra la ierogamia (rito nuziale) di Zeus e Era: il dio semisdraia­to, a torso nudo, con il braccio alzato verso la sposa che si solleva il velo. Nella terza, Artemide che aizza i cani contro Atteone, reo di averla vista mentre faceva il bagno. Infine, Atena che atterra il gigante Encelado, poi rinchiuso nell’Etna. Volti e braccia femminili sono in marmo di Paro, inserito nel tufo locale. Il tutto era colorato a tinte vivaci, di cui restano poche tracce.

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