Corriere della Sera - La Lettura
Il romanzo prima dei romanzi (neri)
La fiction entra nel cuore del crimine: è come il manoscritto di Verne che fa scattare il Viaggio al centro della terra. Ma i consumatori di immaginazione si nutrono di realtà. In Città a mano armata (Newton Compton, pp. 320, € 9,90), Massimo Lugli, giornalista, e Antonio Del Greco, della Omicidi di Roma, trascinano nella cronaca, ricostruiscono i casi più feroci (dalla banda della Magliana in poi), dischiudono i segreti della tecnica investigativa. Avvincente come un buon romanzo.
cano il legame con la terra e, insieme, lo slancio verso il cielo.
Durante questo lavoro, ho sempre avuto in mente lo spazio buio e scintillante di Galla Placidia e di tante altre cupole stellate. La cupola. È un elemento architettonico che unisce arti, culture, filosofie e religioni diverse. Ho pensato che avrebbe potuto accogliere benevolmente anche le nostre differenze.
È lunga la storia dei rapporti tra gli artisti e gli scrittori (dal Rinascimento alle avanguardie primonovecentesche). Questa sintonia sembra essersi spezzata da qualche anno. Con rare eccezioni, gli artisti si rivolgono soprattutto all’artworld, mentre gli scrittori appaiono spesso insensibili nei confronti dell’arte del nostro tempo. La vostra avventura potrebbe essere interpretata anche come un modo per riallacciare il filo di un confronto tra chi inventa immagini con le forme e chi lo fa con le parole.
Io ero felice di allontanarmi per un po’ dal noioso «sistema dell’arte». L’idea del possibile fallimento è stata sempre forte. Ma l’ho accettata come una parte necessaria e fondante del nostro percorso comune. La speranza: lavorare con intensità, rispetto e armonia. Pur mettendo sempre tutto a rischio.
Come definirebbe questo progetto?
Spero che l’incontro con Words and Stars possa restare indefinibile. Lasciandoci senza parole.
«Words and Stars» sembra indicare soprattutto un’uscita dal mondo. Una scelta sottilmente antipolitica?
Non mi sembrano opere antipolitiche. Quando pensavo ai miei due amanti, non avevo la politica in testa. Volevo dare voce alla coscienza di due amanti repressi in una società in cui chi si ama deve accettare che il godimento della sua passione non sia aperto né esplicito. Perciò i miei personaggi parlano delle stelle o del senso della vita. Un modo per negoziare il loro amore.
L’arte, per lei. Una curiosità?
L’arte, per me, è qualcosa di più di una curiosità. È legata al fatto che volevo essere un artista e non lo sono diventato. Suggerisce qualcosa che ho perso. Quel po’ di felicità e di profondità intellettuale e corporea che ho smarrito. Ogni volta che vado in un museo o in una galleria, provo sempre una sorta di rimpianto a priori perché avrei voluto vivere la vita di un pittore.
Un divertissment?
No. Divertissement dice l’idea della perdita di tempo. Per me, l’arte non lo è. È qualcosa di essenziale. Non riesco a pensare a me stesso privato della gioia di guardare un dipinto. Anche il mio romanzo, il mio stile e i miei testi sono intimamente visivi. Quando scrivo qualcosa, mi considero sempre un artista. La lingua turca non fa distinzione. I turchi chiamano la letteratura, la musica, la pittura sempre «arte».
Un oggetto di studio?
Sì, mi interessa andare nei musei, leggere biografie di artisti, studiare testi sull’arte concettuale, d’avanguardia e contemporanea. Sono sempre desideroso di capire meglio l’arte.
Una materia letteraria?
Del fatto che l’arte sia una questione letteraria o la letteratura una questione artistica ne parleremo in una nostra conversazione futura.
Il ritorno di un’antica passione?
Ovviamente.
Nella lectio magistralis pronunciata in occasione del recente conferimento del diploma honoris causa dell’Accademia di Belle Arti di Brera, ha confessato di non essere rimasto fedele alla decisione presa quarant’anni fa: e di aver ricominciato a dipingere. «Pensare per immagini e contemplare un’immagine è una delle gioie più grandi della mia vita», ha detto. E ancora: «La parola e l’immagine sono due elementi imprescindibili del pensare».
Spero di continuare a dipingere. Tendo a seguire il mio umore senza fare programmi. Improvvisamente mi ritrovo seduto a un tavolo a disegnare e a sviluppare idee. Prendo appunti per opere future, che non so se produrrò. Perché la mia vita si accorcia. L’artista che è in me è resuscitato negli ultimi dieci anni. Mi rende felice almeno fare progetti per nuove installazioni concettuali.
Come descriverebbe il Pamuk artista?
Ho provato a farlo con questo dialogo con lei. Non ho esaurito le mie possibilità. All’età di 63 anni, sono ancora desideroso di imparare e di fare tante altre cose. Forse non le farò mai. Ma ho questo desiderio.