Corriere della Sera - La Lettura
Un volo nella storia da New York a Parigi
Il 20 maggio 1927 Lindbergh decollò da New York: atterrò a Parigi dopo la prima trasvolata solitaria Il pilota Robert Ragozzino sta per ripetere l’impresa
Novant’anni fa il viaggio che ha cambiato l’aviazione. Vita, successi e dolori del colonnello che vinse anche il Pulitzer. «La Lettura» ha parlato con l’uomo che seguirà la stessa rotta su un aereo simile
La leggenda narra che quando vide apparire una flotta di pescherecci all’orizzonte, nel mezzo dell’Oceano Atlantico, Charles Lindbergh abbassò velocemente l’aereo che pilotava e chiese: «Vado bene per l’Irlanda?». Gli uomini, impauriti, rientrarono sotto coperta. La visione di un aeroplano lanciato a tutta velocità a pochi metri dalle loro teste li aveva terrorizzati. Quando avvistò i pescatori, l’aviatore americano Charles Augustus Lindbergh, occhi azzurri, capelli biondi, era in volo da quasi 27 ore. Arrivava da New York ed era diretto a Parigi. Sarebbe entrato nella storia come il primo uomo ad aver attraversato l’Atlantico in solitario e senza scalo.
Il 20 maggio 1927, alle 7.52 del mattino, Lindbergh decollò a bordo del monoplano Spirit of St. Louis da Roosevelt Field, Long Island, dove oggi c’è un centro commerciale. L’aereo trasportava 450 galloni di carburante, 1.703 litri. Fu anche per questo motivo che ci mise molto a sollevarsi da terra. Oltre un centinaio di spettatori guardavano con il fiato sospeso. Dopo alcuni tentativi, il monoplano si alzò in direzione nord-est, verso il New England. Alle 8.52 raggiunse quota 500 piedi, 152 metri. Nonostante il brutto tempo, il volo procedeva senza complicazioni. Mancavano 5.632 chilometri a Parigi. Alle 9.52 Lindbergh aveva superato Boston, alla sua destra poteva vedere Cape Cod. Manteneva una velocità di 170 chilometri all’ora. Il vento soffiava da nord-ovest. Alle 11.52 si abbassò a quota 60 metri, davanti a sé intravedeva la Nuova Scozia. Cominciò ad avvertire i primi segni di stanchezza. Lo Spirit of St. Louis era nove chilometri — due gradi — fuori rotta. Il vento aumentava, le nuvole si facevano più fitte. In breve tempo si trovò dentro una tempesta.
«Non sapeva con esattezza in che direziona viaggiava. Non aveva un equipaggiamento adatto, né una radio. Aveva soltanto una bussola. La sua traversata fu un miracolo», dice a «la Lettura» Robert Ragozzino, pilota professionista che tra maggio e giugno, a 90 anni dal viaggio di Lindbergh, volerà da New York a Parigi con una replica dello Spirit of St. Louis. Un progetto da due milioni di dollari sul quale Ragozzino, nato nel 1958 a San Diego, California, lavora da 17 anni con un team di esperti. «Siamo nell’ultima fase di preparazione. Il progetto si chiama Spirit
of St. Louis 2: è un omaggio a un pioniere dell’aviazione. Vogliamo conservare la memoria di un’avventura epica».
Alle 14.52 del 20 maggio 1927, dopo sette ore di viaggio, Lindbergh era a quota 182 metri. Si manteneva sveglio a fatica. Le notti prima della partenza aveva dormito poco e male. Verso le sei del pomeriggio volava sopra la costa Sud di Terranova, Canada, a 148 chilometri orari. Alle 19.52 apparirono le prime stelle, la fitta nebbia sotto al monoplano non gli permetteva di vedere l’Oceano. Si alzò da 243 a 2.286 metri per cercare una visuale migliore. Alle 20.52 si trovava a un’altitudine di 3.048 metri. Le nuvole davanti a lui nascondevano una tempesta. All’una del mattino del 21 maggio era a metà del viaggio.
«Le insidie maggiori di una traversata del genere — continua Ragozzino — sono la formazione di ghiaccio su parti dell’aeroplano e i temporali nascosti nelle nuvole, soprattutto per un mezzo piccolo. Nel caso di Lindbergh, senza una strumentazione adatta, era molto difficile prevedere situazioni di questo genere».
Lindbergh era nato il 4 febbraio 1902 a Detroit. Il padre, Charles Augustus Lindbergh, Sr., era un avvocato di origini svedesi e membro del Congresso americano dal 1907 al 1917. La madre, Evangeline Lodge Land, un’insegnante di chimica. A 18 anni si iscrisse alla facoltà di ingegneria della University of Wisconsin. Ma la sua vera passione, il suo sogno, era volare. Due anni dopo lasciò gli studi per diventare pilota acrobatico. Si esibiva in fiere e spettacoli itineranti. Nel ’24 si arruolò nell’esercito degli Stati Uniti e seguì l’addestramento piloti della Brooks Air Force Base di San Antonio, Texas (chiusa il 30 settembre 2011). Era il migliore della sua classe. Si laureò nel 1925: Lindbergh, il colonnello Lindbergh, aveva finalmente coronato il sogno di diventare un pilota professionista. Più tardi cominciò a lavorare per la Robertson Aircraft Corporation di St. Louis, dove pilotava aerei postali diretti a Chicago.
Il 1919 è una data storica per l’aviazione. Quell’anno l’imprenditore francese e proprietario di una catena di hotel a New York, Raymond Orteig, offrì 25 mila dollari al primo pilota che avesse volato non stop fino a Parigi o nella direzione opposta. Molti provarono l’impresa. Alcuni morirono. Proprio nel ’19 gli aviatori britannici John Alcock e Arthur Whitten Brown avevano portato a termine una traversata senza scalo ma più breve, da Terranova alla costa ovest dell’Irlanda. Nel 1927, però, nessuno era ancora riuscito a vincere i 25 mila dollari. Lindbergh era determinato: voleva essere il primo uomo a volare in solitario e senza scalo da New York a Parigi. Riuscì a persuadere nove uomini d’affari di St. Louis a finanziargli la costruzione di un aereo in grado di affrontare la traversata. Era la svolta. Il 26 febbraio 1927 cominciarono i lavori di costruzione dell’aeroplano. Il monoplano fu realizzato dalla Ryan Airlines Corporation di San Diego per seimila dollari, motore escluso.
Erano quasi le tre del mattino, ora di New York, del 21 maggio 1927. Nella parte dell’emisfero dove si trovava, l’alba era già spuntata. Il pilota si addormentò per un momento. A risvegliarlo ci pensò un vuoto d’aria. Il timore che fosse sulla rotta sbagliata lo angustiava. Aveva le allucinazioni. Fu intorno alle dieci del mattino, tardo pomeriggio in Francia, che incrociò i pescherecci. Un’ora dopo si trovò davanti il Sud dell’Irlanda. La gioia prese il posto della paura. Aumentò la velocità. Si trova- va cinque chilometri fuori dalla rotta prevista.
Per costruire lo Spirit of St. Louis furono necessarie tremila ore di lavoro; solo la parte ingegneristica richiese 850 ore di test. Sotto il profilo tecnico il mezzo presentava alcune importanti innovazioni: per esempio, il serbatoio con il carburante era collocato eccezionalmente davanti al pilota. In caso di emergenza Lindbergh non voleva infatti trovarsi tra il motore e il combustibile. Davanti al pilota non c’era il finestrino, al suo posto venne montato un periscopio inserito nella parte superiore del velivolo. Il 28 aprile 1927 lo Spirit of St. Louis era pronto.
Il 21 maggio 1927, le otto di sera in Franc i a , Li ndbergh s or vol a va Cherbourg. Mancavano 321 chilometri per entrare nella storia. Si narra che Lindbergh utilizzò le luci della Torre Eiffel per orientarsi. Alle 22.22 — dopo 33 ore, 30 minuti e 29 secondi in volo — atterrò all’aeroporto di Le Bourget. Una folla festante gli corse incontro. «Well, I made it», ce l’ho fatta, disse con un sorriso Lucky Lindy mentre riemergeva dall’abitacolo. «Arrivò a Le Bourget con tre ore di anticipo sul programma e con una quantità di carburante che gli avrebbe consentito altre otto ore di volo. Riuscì incredibilmente a seguire l’ipotetica rotta che aveva stabilito prima della partenza», dice Robert Ragozzino.
Il 27 maggio 1929, a Englewood, New Jersey, Lindbergh sposò Anne Spencer Morrow, che più tardi diventerà un’autrice bestseller. Le insegnò a volare. Il primo marzo 1932 visse un dramma famigliare: il primogenito Charles Augustus, Jr., di 20 mesi, venne rapito dalla sua casa di Hopewell. Il suo corpo verrà trovato senza vita dieci settimane dopo. Nel 1953 Charles — accusato negli anni di essere un simpatizzante della Germania nazista, vicenda che finì al centro del romanzo di Philip Roth Il complotto contro l’America (2004) — raccontò la sua traversata nel libro The
Spirit of St. Louis, che un anno dopo gli valse il Pulitzer. Il suo ultimo viaggio fu alle Hawaii: lì morì di cancro il 26 agosto 1974. È sepolto a Hana, sull’isola di Maui.
Well, I made it «Ce l’ho fatta», disse con un sorriso il pilota americano quando atterrò in Francia. Ad aspettarlo c’erano 25 mila persone