Corriere della Sera - La Lettura
PER CARITÀ, SALVATE IL SOLDATO BENITO
Non solo inetto. Era anche mingherlino e tubercolotico. Sono due colpe ulteriori che Enrico Tiozzo addebita all’oggetto delle sue ricerche nel libro Matteotti senza aureola. Il delitto (BastogiLibri, pp. 724, € 30), secondo volume di un lavoro sul leader socialista ucciso nel 1924. La scarsa prestanza e la malattia spiegano perché, secondo l’autore, Matteotti perse la vita nel corso di un agguato diretto solo a dargli una lezione. Tiozzo dipinge gli esecutori dell’omicidio come rozzi, ignoranti e scalcagnati, ma non può smentire ciò che conta, i loro legami con due membri del quadrumvirato che reggeva all’epoca il Partito fascista: Cesare Rossi, capo dell’ufficio stampa di Benito Mussolini, e Giovanni Marinelli, segretario amministrativo del Pnf. Che poi i sicari si siano rivelati maldestri non muta la natura politica del crimine: anche l’esercito italiano diede in Grecia pessima prova di sé, ma ciò non toglie che si trattasse di una guerra di aggressione. La parte più discutibile del libro è però la prefazione in cui Aldo A. Mola sostiene che l’eccessiva campagna di stampa avviata dall’opposizione dopo il delitto (che volete che sia la morte violenta di un segretario di partito?) «costrinse» Mussolini a instaurare la dittatura. È lo strano modo di presentare la storia del fascismo per cui il Duce non avrebbe responsabilità di nulla, sarebbe sempre stato obbligato dalle circostanze. Costretto a imbavagliare la stampa, a sciogliere i partiti, a imprigionare gli oppositori, ad allearsi con Hitler, a emanare le leggi razziali, a entrare in guerra nel 1940, a fondare la Rsi nel 1943. Lui, pover’uomo, non voleva. Così Mussolini, che pure non era privo di determinazione, diventa un fuscello trascinato dal vento, un grottesco burattino senza fili. Non merita questo oltraggio. Salvate il soldato Benito.