Corriere della Sera - La Lettura
La lingua (vera) dei neri americani
Un dialetto dell’inglese americano, e fra i più ricchi. Non uno svilimento dello standard ma una lingua alternativa con grammatica e lessico propri. Da cinquant’anni i linguisti studiano il Black English (più correttamente, vernacolo afroamericano) come legittimo idioma ma pregiudizi socioculturali ne hanno frenato il riconoscimento. La percezione erronea che sia solo una versione sgrammaticata e sciatta, uno slang, perfino un vezzo, segno d’ignoranza o pigrizia. Nel 1996 il distretto di Oakland, in California, approvò una delibera che riconosceva l’Ebonics (termine coniato nel 1973 da ebony, ebano, e phonics) come lingua africana, adottandolo nelle scuole per migliorare il rendimento degli studenti neri. Fine giusto, presupposto sbagliato: il Black English non è grammatica africana con parole inglesi, è inglese. In Talking Back, Talking Black (Bellevue Literary Press) John McWhorter, linguista della Columbia University, ripercorre le origini e analizza la struttura del vernacolo usato, tra gli altri, da Langston Hughes e Nina Simone. E spiega perché quello che tanto influenza oggi, attraverso internet e la cultura pop, il linguaggio dei giovani, è una vera lingua. «Il Black English — spiega a “la Lettura” — esiste a causa della segregazione. Fece sì che l’inglese imparato dagli africani adulti divenisse il codice di un gruppo. Gli elementi del codice, però, derivano in larga parte da dialetti britannici regionali cui gli schiavi erano esposti lavorando accanto alla servitù a contratto arrivata dall’Europa». La rimozione di is (terza persona singolare del verbo essere), l’had (il passato di avere) narrativo, l’uso di up (su) per indicare intimità del luogo, il pronome them (essi) invece degli aggettivi dimostrativi these (questi) e those (quelli). Per certi versi, il Black English è più complesso dell’inglese standard. «Ci viene insegnato che infrange le norme dell’inglese. Ma lo fa sistematicamente, perché ha le sue, di regole. E, come ogni lingua, si evolve nel tempo».