Corriere della Sera - La Lettura
COMINCIÒ IN GRECIA CON I RITI DIONISIACI
La maschera, come il teatro, ha un’origine rituale, da ricondursi al culto di Dioniso in Grecia, dio dell’estasi, dell’orgia, dell’illusione che stacca dalla realtà facendo aprire gli occhi su di essa. Numerosi vasi dipinti mostrano dal VI secolo a.C. cerimonie e processioni dionisiache con danzatori mascherati. Nel teatro greco la maschera era di fondamentale importanza, poiché gli attori interpretavano più personaggi e le figure femminili erano impersonate da uomini. Non si sono purtroppo conservate maschere originali antiche, a causa della fragilità dei materiali con cui erano realizzate, come la stoffa gessata, il sughero, il legno, la pelle. Esse erano corredate da parrucche, a ricoprire tutta la testa dell’attore, ed erano dotate di una sorta di imbuto in corrispondenza della bocca per amplificare la voce.
La scoperta di maschere in terracotta a Lipari, o di esemplari scultorei e dipinti nelle case di Ercolano e Pompei, ha permesso di individuarne le principali caratteristiche. Le donne e i vecchi si distinguevano per il colorito pallido, mentre gli uomini avevano la pelle più scura. Le maschere tragiche visualizzavano gli stati d’animo in modo espressionistico, attraverso le deformazioni del viso, come gli occhi sbarrati o le narici dilatate; quelle comiche rappresentavano una galleria di personaggi riconducibili alle categorie di vecchi, giovani, schiavi, donne giovani e anziane. Anche il costume aveva una valenza simbolica.
Nel teatro tragico i personaggi maschili portavano una lunga tunica o chitone, sormontata da un mantello, e recavano oggetti caratterizzanti, come lo scettro per il re o la lancia per il soldato. Nella Commedia antica il costume prevedeva una tunica corta, imbottita e munita di un grosso fallo di cuoio, mentre nella Commedia nuova, in età ellenistica, i colori servivano a far riconoscere i personaggi da lontano: i giovani erano vestiti di rosso, i nobili di bianco, i parassiti e i ruffiani di nero.