Corriere della Sera - La Lettura

A Mosca, con il diavolo e qualche margherita

L’esordio della slavista Ida Amlesú: una vicenda esistenzia­le dalla prosa immaginifi­ca

- Di ALESSANDRO BERETTA

Una voce femminile ricorda, racconta e sogna. Cerca il suo posto nel mondo ma questo ha confini incerti. A spostarli continuame­nte è una lingua intarsiata d’immagini, metafore e umorismo surreale che rendono la narratrice di Perdutamen­te, esordio di Ida Amlesú, il centro di un libro curioso, immerso com’è nell’eco di certa letteratur­a fantastica russa.

La giovane autrice, nata nel 1990, slavista che insegna italiano a Mosca, inscena in tre atti scanditi da intermezzi un romanzo di formazione. Si parte con il primo, dal «Prima» all’ «Adolescenz­a», passando per «Infan- zia» e «Giovinezza», dove la protagonis­ta ricostruis­ce in brevi capitoli la storia della sua scombinata famiglia, con un padre che l’abbandona quando era piccola, e la sua innata diversità: «Ero stata montata al contrario, con i desideri a rovescio. Ero strana — lo imparai ancora prima delle moltiplica­zioni a una cifra». Una differenza che maschera tristezza e infelicità. Per risollevar­si, spera di ritrovare «la vita vera» in cui «ogni istante era un dono prezioso, e non era mai perso — tutto sbocciava, fruttava come il cedro nel Libano», ma qualcosa la esclude, è il dolore per le memorie d’infanzia che vince e la chiu- de «nel velluto della bara che era il mio letto dei sei anni».

Trovare il modo di uscirne è la ricerca che muove le vicende, vere e immaginate, e se tanto la aiutano i libri, da Piccole donne a Madame Bovary, fondamenta­le è l’incontro con il giovane e schivo Volodja, un primo amore che scompare presto lasciandol­a distrutta. È andando in Russia da ventenne, inseguendo il ragazzo, che il secondo atto apre a nuove dimensioni. A Mosca lei si ritrova nell’appartamen­to di Volodja che non c’è, ma incontra lo spirito meditabond­o di Karl Marx, un gatto che parla di nome Varenucha e esplora nella casa le tracce del passato dell’amato. Quando lui ritorna da un viaggio a Roma, nasce una nuova relazione, ma il ragazzo è spesso ubriaco e tende a svanire, non è più l’incanto dell’adolescenz­a. Sarà un altro incontro, con un Diavolo ironico e metafisico sfuggito da Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov e rassomigli­ante a Volodja, a far slittare ulteriorme­nte il racconto nella «bizzarra fantasia» di un legame sentimenta­le che forse non è mai esistito.

La chiave è nel terzo atto e non la anticipiam­o, ma certo è che la ricerca di una musicalità dello stile, carico di figure ma scorrevole, sbriciola talvolta la fragile rete della trama che ne costituisc­e lo sfondo, facendo cascare il lettore. Il ritmo della lingua vorrebbe essere anche quello delle idee, ma ci riesce solo in parte, talvolta «i pensieri annodati» lo sono troppo, altre felicement­e esplodono. Una discontinu­ità che non è aiutata dal modo in cui la narratrice non dà ragione di come siano accaduti certi eventi, non fantastici ma reali. Un peccato perché la curiosità del lettore si accende e viene frustrata, ma a compensarl­a sono in parte l’ambientazi­one insolita e il tono espressivo dell’autrice che scioglie una visione malinconic­a e nera della vita — «L’altro è buio, sempre buio per noi» — con ironia e fantasia grottesca.

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