Corriere della Sera - La Lettura
A Mosca, con il diavolo e qualche margherita
L’esordio della slavista Ida Amlesú: una vicenda esistenziale dalla prosa immaginifica
Una voce femminile ricorda, racconta e sogna. Cerca il suo posto nel mondo ma questo ha confini incerti. A spostarli continuamente è una lingua intarsiata d’immagini, metafore e umorismo surreale che rendono la narratrice di Perdutamente, esordio di Ida Amlesú, il centro di un libro curioso, immerso com’è nell’eco di certa letteratura fantastica russa.
La giovane autrice, nata nel 1990, slavista che insegna italiano a Mosca, inscena in tre atti scanditi da intermezzi un romanzo di formazione. Si parte con il primo, dal «Prima» all’ «Adolescenza», passando per «Infan- zia» e «Giovinezza», dove la protagonista ricostruisce in brevi capitoli la storia della sua scombinata famiglia, con un padre che l’abbandona quando era piccola, e la sua innata diversità: «Ero stata montata al contrario, con i desideri a rovescio. Ero strana — lo imparai ancora prima delle moltiplicazioni a una cifra». Una differenza che maschera tristezza e infelicità. Per risollevarsi, spera di ritrovare «la vita vera» in cui «ogni istante era un dono prezioso, e non era mai perso — tutto sbocciava, fruttava come il cedro nel Libano», ma qualcosa la esclude, è il dolore per le memorie d’infanzia che vince e la chiu- de «nel velluto della bara che era il mio letto dei sei anni».
Trovare il modo di uscirne è la ricerca che muove le vicende, vere e immaginate, e se tanto la aiutano i libri, da Piccole donne a Madame Bovary, fondamentale è l’incontro con il giovane e schivo Volodja, un primo amore che scompare presto lasciandola distrutta. È andando in Russia da ventenne, inseguendo il ragazzo, che il secondo atto apre a nuove dimensioni. A Mosca lei si ritrova nell’appartamento di Volodja che non c’è, ma incontra lo spirito meditabondo di Karl Marx, un gatto che parla di nome Varenucha e esplora nella casa le tracce del passato dell’amato. Quando lui ritorna da un viaggio a Roma, nasce una nuova relazione, ma il ragazzo è spesso ubriaco e tende a svanire, non è più l’incanto dell’adolescenza. Sarà un altro incontro, con un Diavolo ironico e metafisico sfuggito da Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov e rassomigliante a Volodja, a far slittare ulteriormente il racconto nella «bizzarra fantasia» di un legame sentimentale che forse non è mai esistito.
La chiave è nel terzo atto e non la anticipiamo, ma certo è che la ricerca di una musicalità dello stile, carico di figure ma scorrevole, sbriciola talvolta la fragile rete della trama che ne costituisce lo sfondo, facendo cascare il lettore. Il ritmo della lingua vorrebbe essere anche quello delle idee, ma ci riesce solo in parte, talvolta «i pensieri annodati» lo sono troppo, altre felicemente esplodono. Una discontinuità che non è aiutata dal modo in cui la narratrice non dà ragione di come siano accaduti certi eventi, non fantastici ma reali. Un peccato perché la curiosità del lettore si accende e viene frustrata, ma a compensarla sono in parte l’ambientazione insolita e il tono espressivo dell’autrice che scioglie una visione malinconica e nera della vita — «L’altro è buio, sempre buio per noi» — con ironia e fantasia grottesca.