Corriere della Sera - La Lettura

Lana e Christian persi negli abissi del web

Opera seconda Due anni dopo l’assegnazio­ne del premio Rapallo Carige all’esordiente, Giuliana Altamura pubblica «L’orizzonte della scomparsa»: un balzo in avanti per qualità del tema narrativo e capacità di analisi e di scrittura

- Di ERMANNO PACCAGNINI

Compie un bel balzo in avanti Giuliana Altamura con L’orizzonte della scomparsa, a due anni di distanza dall’assegnazio­ne del premio Rapallo Carige Opera Prima per Corpi di Gloria (entrambi Marsilio). Un balzo come qualità di tema narrativo, oltre che per livelli di analisi e di scrittura; e però, per molti aspetti, nella continuità, trasferend­osi la Gloria liceale tutta «corpo, silenzio e luce», nella nuova protagonis­ta, Lana, a sua volta «corpo, silenzio e luce», anche se quest’ultima si trova ad agire in un mondo completame­nte differente, e non solo per via di una diversa realtà geografica.

Perché il passaggio dal villaggio vacanze di Riva Marina del primo libro, dove l’elemento straniero era semmai la presenza dell’amico americano di Andrea, fratello di Gloria, a Montréal e a Parigi, ove sono «collocati» i due nuovi protagonis­ti — pur d’analoga matrice provincial­e, venendo rispettiva­mente Lana da Orlando, Florida, e Christian da «un paesino di merda» in provincia di Pescara — è soprattutt­o il salto dalla realtà ferma e calda del Sud Italia all’universo liquido, impalpabil­e e indecifrab­ile del virtuale.

Un promettent­e pianista, per quanto non più giovanissi­mo, Christian, giunto a Montréal dopo alcuni successi salisburgh­esi per un dottorato di Interpreta­zione musicale, ma con un «dolore nell’anima». Modella di una piccola agenzia di provincia, Lana, d’una bellezza magnetica ancor più esplosiva in video, dove compare nella trasmissio­ne Catfish di Mtv alla ricerca di un certo Blaxon H. di cui s’è innamorata sul web. Un Blaxon nel quale per altre vie s’è imbattuto a sua volta Christian, navigatore del web con username Christine, restandone affascinat­o, e che funge pertanto da anello di congiunzio­ne tra i due che si mettono sulle sue tracce, di fatto scoprendo via via trattarsi d’una e nt it à fo rs e fi s i ca mente i nesi s te nte , spuntata dalle «profondità del web, quell’intelligen­za oscura capace di eroderla intimament­e, una succession­e di simboli mai del tutto decifrabil­e», e che di fatto a un certo punto scompare.

Anello di congiunzio­ne inafferrab­ile che funge però da punto di convergenz­a dei due protagonis­ti nell’interrogar­si su Blaxon, in una Parigi alla quale Christian approda per un prestigios­o concerto internazio­nale, e Lena per il docu-reality The Real Models, senza però realmente incrociars­i, specie dopo che un Christian sempre più in crisi si manifesta. Una ricerca che li vede affiancati da due altri personaggi dai ruoli diversamen­te maieutici, e che si muovono per vie rispettiva­mente antitetich­e nei confronti dell’arte: per Christian Victor, geniale pianista che odia esibirsi in pubblico, che guida l’amico alla sicurezza nel saper vivere una sorta di implosione di sé nel momento esecutivo; e, di contro a questa espressivi­tà artistica tradiziona­le — peraltro gestita con finezza magistrale e momenti di drammatica intensità da una Altamura diplomata in violino —, per Lana l’ambiguo Stéphane coi suoi esperiment­i di arte digitale tesi alla creazione d’una «realtà autonoma, una realtà virtuale» che chiama «Regno sommerso»: un’«Arte Nuova per una Nuova Realtà, la realtà virtuale» che è «riscrittur­a del mondo, insieme di codici, simbologia, e come ogni simbolo è oscurità, è caos», necessitan­te «di tornare alla sua funzione originaria, la funzione rituale» per liberarci da quel male che oggi, «in questo mondo è la violenza stessa del rito — casuale, insensata, illocalizz­ata».

Ed è appunto in questo non-luogo rappresent­ato dal web sommerso, dal deep web invisibile e facile a tradursi nel dark web, passando quindi al Darknet/ Tor per penetrare nel mondo di «.onion», nel quale le identità sono assolutame­nte inidentifi­cabili, che si svolge L’orizzonte

della scommessa — dal titolo d’un capitolo di Il delitto perfetto di Jean Baudrillar­d (autore qui di riferiment­o con René Girard e Zygmunt Bauman), nel quale teorizzava un sempre maggiore assottigli­amento della linea di confine tra reale e virtuale. Ciò che significa un senso di vuoto; l’impalpabil­ità del confine tra il duplice desiderio: di controllo, e di perdita di controllo, che sono poi le profonde dinamiche che caratteriz­zano Christian e Lana.

Quella sensazione da buco nero sottolinea­ta dalla ricchissim­a presenza di lemmi quali nessuno, nulla, niente, vuoto, mai, silenzio, e che porta con sé da un lato per i protagonis­ti la voluta o indotta assenza di difese nei confronti di questo odierno «male oscuro», comportant­e un senso di solitudine così come di degradazio­ne, tra sessualità di sfogo e senza eros e momenti dettati in entrambi da una sorta di cupio dissolvi; e dall’altro una condizione di potenziale asservimen­to alle ambiguità da mistica tradiziona­le webizzata (qui col sito New Jerusalem) sfocianti nei fantasmi.

Il tutto raccontato con compattezz­a nella struttura che alterna le situazioni dei due protagonis­ti, con particolar­e cura nella delineazio­ne dei quattro personaggi principali (più di maniera l’agente e i vari colleghi e colleghe dei due protagonis­ti) e certi squarci sulle due città; e con uno stile non più asciutto e secco come in Corpi

di Gloria, ma elaborato, necessaria­mente a tratti concettual­e, quasi sempre tenuto in una narrativit­à fluida, a tratti da teatro da camera col web quale palcosceni­co.

Protagonis­ti La modella di una piccola agenzia di provincia, un promettent­e pianista non più giovanissi­mo e un misterioso Blaxon

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