Corriere della Sera - La Lettura
La donna che cattura galli e galline
Decolonizzazione José Eduardo Agualusa racconta i giorni dell’indipendenza angolana e gli anni di guerra civile attraverso una portoghese autoreclusa e una schiera di personaggi intorno
«Non ho più quaderni su cui scrivere. Non ho neanche più penne. Scrivo sulle pareti con pezzi di carbone, versi succinti. Risparmio sul cibo, sull’acqua, sul fuoco e sugli aggettivi». E, ancora, mentre Ludovica Fernandes Mano brucia la biblioteca, oltre al resto, per scaldarsi e cucinare: «Mi rendo conto di aver trasformato l’intero appartamento in un immenso libro... In questa casa tutte le pareti hanno la mia bocca». Ludo scrive da una sorta di nicchia del tempo storico, dove i giorni scivolano l’uno nell’altro. Non sa neppure lei da quanti anni. Sa, invece, quando ha incominciato: dalla sera in cui, scoppiata la rivolta che porterà alla travagliata indipendenza dell’Angola, sua sorella e il cognato non sono più rientrati nel Palazzo degli Invidiati, la dimora di lusso per i portoghesi espatriati, ormai tutti volati a Lisbona.
Apparentemente agorafobica, spaventata dal mondo, dagli spari, dai cortei sotto le finestre e dai disperati che cercano di forzarle la porta, Ludo ha alzato un solido muro tra lei e l’esterno con i mattoni di un lavoro non finito nel terrazzo-giardino dello svettante appartamento. Senza più accesso, è rimasta in compagnia di Fantasma, un pastore tedesco albino. «Ora siamo solo io e te» in una nicchia del tempo o, meglio, nell’occhio di un ciclone che infuria di conflitti civili per un quarantennio, dall’indipendenza angolana del 1975 in poi.
Sarà lei il cuore cui tutto intorno ruota anche nella struttura narrativa pensata da José Eduardo Agualusa per Teoria generale dell’oblio, il suo tredicesimo libro, entrato in short list del Booker Prize 2016.
Come una spirale che torna su se stessa ripassando per i medesimi personaggi e salendo verso il chiarimento dei vari misteri, così, in un circolo vorticoso, attorno a Ludo si muovono legionari, rivoluzionari, poliziotti spietati di malsano idealismo, ex carcerati d’ogni sorta, volontarie coraggiose, ragazzini di strada e animali: un colorito universo ansimante, espresso in brevissimi capitoli che, in prosa e in versi, rimescolano anche miti, tradizioni ed etnografia, oltre all’azione. C’è molta, crescente, azione intorno all’occhio del ciclone.
Dentro casa, invece, l’atmosfera è rarefatta, intima. La battaglia quotidiana per mangiare vede Ludo salire in terrazzo con la testa coperta da uno scatolone di protezione dal mondo, ma forato in corrispondenza degli occhi per aver le mani libere di trasformare il giardino in orto. Eppure, come in uno specchio convesso, non c’è quasi nulla che in qualche modo non entri nella sfera di Ludovica.
Se acchiappa un gallo e una gallina al lazzo, è perché il caseggiato si è da poco riempito di freschi inurbati per nulla usi alla vita d’appartamento: le tappe della rivoluzione avanzano anche nel palazzo; e se risparmia un piccione viaggiatore catturato con gli ultimi piccoli diamanti, non è detto non che torni sotto le vesti di vicino, quando le antenne della televisione si volgeranno sempre più numerose verso sud, ossia verso il capitalismo che spazza gli ideali rivoluzionari, ma non le prevaricazioni, gli spari, le morti. Lo stesso, ma si potrebbe continuare anche per vie più sottili, vale per il ragazzo intravisto dalla finestra correre inseguito dalla folla e cadere colpito: è probabile che se lo ritrovi un giorno bussare alla porta, sì, proprio alla porta. Ma soltanto quando, dopo ventotto anni, i tempi saranno maturi.
Ben oltre la metà libro, il lettore saprà, infatti, quale sia il vero trauma di Ludo, mentre la narrazione, anche nell’occhio del ciclone muove verso lo scioglimento dei problemi, in questo caso del suo nodo interiore. Lo fa lentamente, però, la pressione è bassa e l’aria sembra stagnare.
Teoria generale dell’oblio (Neri Pozza) è il titolo del romanzo, che lo scrittore, tra un tocco di minimalismo magico e un colpo di scena, manifesta non a caso in una frase di Ludo: «Se ancora ci fosse spazio, carbone, pareti disponibili potrei scrivere una teoria generale dell’oblio».
Ricordare o dimenticare l’inferno attraversato? È il tema che unisce tutti i protagonisti e i protagonisti all’Angola, dal poliziotto col passato orrendo che vive nell’incubo di non essere dimenticato, all’ex falangista per nulla convinto che l’oblio dei suoi misfatti sia corretto, fino al giovane che, rischiando la pelle, colleziona misteri da risolvere prima del loro ingresso nel silenzio.
E poi, c’è ovviamente lei, la titolare dell’oblio, un corpo in un bozzolo che scava dentro di sé versi e li espelle a costruire l’ordito del bozzolo stesso in cui vive, inconsapevole di quanto la sua esistenza sia legata alle altrui. Consapevole invece del potere salvifico della parola scritta e letta, altro tema del romanzo. Ogni volta che deve bruciare un libro, verga: «Perdo un po’ di libertà», libertà di attraversare esistenze e mondi con l’immaginazione, di ampliare la consapevolezza di sé e, nella palpabile tensione tra scrittura e identità, di sondare la propria interiorità, espellere pian piano demoni... Perciò non vi è da stupirsi dei diffusi riferimenti alla letteratura disseminati da Agualusa nel testo: il salto da scrittura e identità a individualità e storia (angolana) non è affatto vertiginoso. Tutto è legato. E Teoria generale
dell’oblio lo dimostra.
Sopravvivenza La battaglia quotidiana per mangiare vede la protagonista adescare piccioni e bruciare gli amati libri