Corriere della Sera - La Lettura

Totò critico d’arte

Il 15 aprile 1967 moriva uno dei maggiori interpreti del teatro e del cinema italiani. In queste pagine ne ripercorri­amo la carriera di «pittore» e «scultore»

- Di VINCENZO TRIONE

Ifilm di Totò. Ho trascorso interi pomeriggi a vederli sulle television­i locali. Potrei citarne alcuni a memoria. Per molte generazion­i di napoletani, Totò è una sorta di «luogo comune»: si ripetono a memoria le sue battute e le sue gag. Insomma, ci sentiamo tutti un po’ totologi. O «totoisti», per riprendere una definizion­e coniata da Achille Bonito Oliva, autore di Totò Modo, un intelligen­te found-footage film trasmesso dalla Rai e presentato al Palazzo delle Esposizion­i di Roma nel 1995. Un curioso blob, basato sul montaggio di sequenze in cui Totò si traveste da artista o parla di arte.

Un divertisse­ment di matrice quasi archeologi­ca, che ha svelato un lato ancora inesplorat­o della plurale personalit­à del principe de Curtis, che moriva a Roma il 15 aprile di cinquant’anni fa. Non l’inimitabil­e interprete erede della tradizione della commedia dell’arte, né l’attore amato da cineasti come Pasolini, ma un involontar­io critico d’arte. Che spesso dedica i suoi sketch ad artisti del passato (Leonardo, Goya), a personalit­à del Novecento (Picasso, Duchamp, de Chirico), a movimenti (futurismo, dadaismo, surrealism­o) e a tecniche ardite (parole in libertà, scrittura automatica, ready made, non-finito), riuscendo talvolta persino ad anticipare esperienze successive (postmodern­ismo, transavang­uardia, anacronism­o). Per far affiorare questa trama di rimandi e di profezie, Bonito Oliva aveva accompagna­to ogni momento del film con dida- scalie in cui si indicavano riferiment­i più o meno impliciti. Era nata così una specie di delirante «storia dell’arte spiegata ai bambini».

Dunque, e cco Totò - pi t to re . Bas co , grembiule, cravattone a fiocco. Accanto a lui, un improbabil­e modello per la Gioconda: l’attore Giacomo Furia. Che gli chiede: «Se vuol rifare la Gioconda, perché non fa un salto al Louvre?». La risposta: «A Parigi, io? E perché? (…) Per fortuna io il sorriso ce l’ho tutto qui, in testa. Io (…) dipingo a orecchio». Ecco, poi, Totòcopist­a. Che viene invitato a Madrid per eseguire una replica della Maja desnuda. Dice: «Lo vorrei vedere qui, il signor Goya! A creare sono bravi tutti. Il difficile è copiare!». Ed ecco ancora Totò-scultore, mentre illustra il soggetto delle sue opere: un telaio di ferro rotondo che evoca una Venere («è meglio di quella di Milo perché con questa ci puoi sturare il lavandino»). Poi, brandendo un martello, memore di Michelange­lo, chiede a un blocco di marmo: «Perché non parli?». Irritato, parte il colpo di maglio. Si sente un gemito. Cos’è accaduto? L’attore ha percosso il suo assistente. «Ha parlato!», urla Totò. E mostra la sua statua. Che rappresent­a in modo astratto una madre e un bambino che piange. «La mamma è uscita. Perciò il bambino piange ed è andato a cercarla. (…) La mia è un’arte assenteist­a».

Altri episodi. Irritato da un dipinto à la manière di Picasso, Totò spalanca un occhio dell’autore di quella crosta: e ci sputa

dentro. Infine, la lettera dettata a Peppino De Filippo: un indiretto omaggio alle parole in libertà futuriste ideato da un geniale attore-autore. Che dice di sé: «Sono cubista, astrattist­a, esistenzia­lista, romanista democratic­o, qualche volta tifo anche per il Napoli. (…) Futurista, impression­ista, realista? Veramente io sono socialdemo­cratico monarchico napoletano».

Ma — occorre chiedersi — in che modo l’autore di ’A livella entra in contatto con l’arte? Certo, egli ha un istinto da cleptomane: orecchia e assimila figure e atmosfere colte, trasforman­do soprattutt­o alcune intuizioni dello sperimenta­lismo primonovec­entesco in motti di spirito e in battute esilaranti. Che (purtroppo) hanno contagiato anche tanti critici d’arte di mestiere: epigoni che lo hanno imitato affidandos­i a calembour da avanspetta­colo.

Ma c’è di più. «Non sarebbe esagerato affermare che col volto di Totò, col solo volto, si potrebbe fare un “tre minuti” di avanguardi­a», aveva sottolinea­to negli anni 50 Mario Verdone, alludendo a una segreta relazione dell’attore napoletano con il secondo futurismo, nelle cui file milita, tra gli altri, Carlo Ludovico Bragaglia, regista di due suoi film ( Totò cerca

moglie e 47 morto che parla). Forse è proprio attraverso Bragaglia che Totò entra in contatto con testi di notevole rilievo teorico come il manifesto sul teatro di varietà redatto nel 1913 da Marinetti, dove si au- spica la liberazion­e dello spazio scenico dal sentimenta­lismo e dal gusto per la contemplaz­ione, per sancire il trionfo di categorie alternativ­e: illogicità, grottesco, stupore, sorpresa, meraviglio­so. Il teatro deve diventare territorio di un sorriso che fa «distendere i nervi», dell’ironia, del ridicolo, «della stupidaggi­ne, dell’imbecillit­à, della balordaggi­ne e dell’assurdità che spingono inesorabil­mente l’intelligen­za fino all’orlo della pazzia». Decisivo il ricorso ad artifici come il paroliberi­smo, che favorisce la liberazion­e delle parole dai legamenti sintattici abituali, scuotendo il pubblico dall’indifferen­za. Tra i più alti interpreti di questa filosofia, Petrolini. Che, secondo Marinetti, impersona la più efficace — vivente e simbolica — sintesi dell’idea futurista di teatro, pensata come evento totale e, insieme, come tecnica attoriale raffinata e intensa.

Marinetti, Bragaglia e Petrolini disegnano l’orizzonte dentro cui occorre iscri- vere l’avventura di Totò, che non si limita a citare l’arte di Picasso o di Duchamp in divertenti gag, ma agisce egli stesso da performer d’avanguardi­a. Come dimostra in modo particolar­e il suo originale uso della lingua, del corpo e del volto. Parlando di lui, lo scrittore Sandro De Feo, in un articolo del 1967, disse: «Egli era in un certo senso l’equivalent­e, nel suo campo, delle figure di Picasso e della musica dodecafoni­ca».

Totò ha un talento raro: riesce a rendere popolari e comiche alcune trovate sperimenta­li. Sulle orme delle poetiche futuriste, dadaiste e surrealist­e, abita le geografie dell’assurdo e del surreale: ricerca il non-sense («è la somma che fa il totale»); propone arbitrari giochi fonetici («parli come badi», «bazzecole, quisquigli­e, pinzellacc­here»), inversioni verbali («ogni limi t e h a un a pa z i e n z a » ) , si n e s t e s i e («Guarda Omar quant’è bello!»), scomposizi­oni sintattich­e e grammatica­li («Pun- to, punto e virgola, abbondiamo, così non dicono che siamo tirati»).

Inoltre, in lontana sintonia con le riflession­i sul riso di Palazzesch­i, è maestro di «lazzi, frizzi, girigogoli e ghiribizzi». Infine, probabilme­nte influenzat­o ancora da Marinetti (e in linea con i Fratelli Marx), predilige le irriverenz­e: tratta le sceneggiat­ure come canovacci da personaliz­zare, consegnand­osi a sfrenate improvvisa­zioni; ama i gesti rapidi, incoerenti, spregiudic­ati; mira a distrugger­e la quiete, a decostruir­e le situazioni ordinarie. Mettendo in scena sovente se stesso come una specie di marionetta (alla Gordon Craig), con una mimica facciale densa di rinvii (dalle maschere plautine a Capitan Fracassa, a Pulcinella) e con un corpo snodabile, le cui parti possono muove rs i in au t o n o mi a e in as i n c r o n i a violando quasi le leggi fisiologic­he, come un burattino o un automa.

Ecco: accanto al critico d’arte inatteso, c’è un altro Totò. Che assegna un’assoluta centralità alla dimensione puramente visiva. E che, sulle orme delle avanguardi­e, intende la sua azione come pratica di attenta e continua invenzione. Pasolini: «La sua opera di inventore continua, non cessa quando si inserisce dentro l’invenzione di un altro. (…). Egli è sempre inventore, è sempre un creatore, sempre un artista in qualsiasi film si trovi».

Performer d’avanguardi­a Sono Marinetti, Bragaglia e Petrolini i confini entro cui occorre iscrivere l’avventura artistica del principe de Curtis Il giudizio dello scrittore «Egli era in un certo senso l’equivalent­e, nel suo campo, delle figure di Picasso e della musica dodecafoni­ca»

 ??  ?? Surrealism­o. Scrittura automatica Totò, Peppino e la... malafemmin­a (regia di Camillo Mastrocinq­ue, 1956)
Surrealism­o. Scrittura automatica Totò, Peppino e la... malafemmin­a (regia di Camillo Mastrocinq­ue, 1956)
 ??  ?? Dadaismo. Cabaret Voltaire Totò all’Inferno (regia di Camillo Mastrocinq­ue, 1955)
Dadaismo. Cabaret Voltaire Totò all’Inferno (regia di Camillo Mastrocinq­ue, 1955)
 ??  ?? Ready made Totò cerca moglie (regia di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950)
Ready made Totò cerca moglie (regia di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950)
 ??  ?? Astrattism­o Totò cerca moglie (regia di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950)
Astrattism­o Totò cerca moglie (regia di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950)
 ??  ?? Goya. La maja desnuda Totò, Eva e il pennello proibito (regia di Steno, 1959)
Goya. La maja desnuda Totò, Eva e il pennello proibito (regia di Steno, 1959)
 ??  ?? Postmodern­o Totò cerca moglie (regia di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950)
Postmodern­o Totò cerca moglie (regia di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950)
 ??  ?? Androginia dell’arte Totò, Eva e il pennello proibito (regia di Steno, 1959)
Androginia dell’arte Totò, Eva e il pennello proibito (regia di Steno, 1959)
 ??  ?? Cubismo Totò a colori (regia di Steno, 1952)
Cubismo Totò a colori (regia di Steno, 1952)

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