Corriere della Sera - La Lettura
MAHLER CONTRO LA CLAQUE
C’è dentro quanto ci si aspetta da un musicista e da un uomo: il rovello creativo, il rodeo diplomatico per domare i cantanti, la cautela verso l’«egregio signore» e l’abbandono nei confronti del «carissimo amico!», le delusioni, la percezione del fiato fetido della «stampa antisemita», le rivalità, la «mischia della battaglia». Tutta la gamma delle passioni, per quanto filtrate dalla forma epistolare, compresa la consapevolezza di lasciare «dietro di me imperfezione, incompiutezza: come è destino dell’uomo».
Il volume con la corrispondenza di Gustav Mahler (1860-1911) curato da Franz Willnauer e tradotto da Silvia Albesano per il Saggiatore ( Caro collega. Lettere a compositori, direttori d’orchestra, intendenti teatrali, pp. 436, € 42) disegna un mondo dove l’officina della musica pare vivere con tempi certo più dilatati rispetto a oggi ma con dinamiche non così diverse. Illuminante l’affondo contro la claque. In una lettera del 10 ottobre 1897 ai «membri dell’Opera di Corte di Vienna» Mahler si scatena contro «l’odiosa pratica della claque» che falsa il giudizio estetico e contamina la musica: la definisce un’«indecenza» tollerata, anzi coltivata da qualcuno «nell’indegno tentativo di tutelare i propri interessi personali». Con profetico anticipo il compositore boemo aveva capito tutto della rete, dei social, di noi. Il doping del web — i like posticci, i follower a pagamento — era già lì. C’è da essere follower di Mahler, piuttosto (per la cronaca, avverte il curatore del volume, contro la claque «Mahler ottenne solo un parziale successo»: e se non ci riuscì lui…).