Corriere della Sera - La Lettura

2017La fine dell’Europa?

L’instabilit­à finanziari­a, il terrorismo e l’afflusso dei rifugiati hanno messo a nudo l’impotenza delle istituzion­i di Bruxelles Ue a rischio se non garantisce sicurezza e protezione sociale

- di MAURIZIO FERRERA

Figlia del XX secolo, l’integrazio­ne europea ha registrato i più grandi successi agli inizi del nuovo millennio. Nel 2002 l’euro è diventato fisicament­e la moneta comune di 12 Stati membri (poi diventati 19). Fra il 2004 e il 2007 gran parte dei Paesi dell’ex blocco sovietico sono entrati a far parte dell’Unione. Nel 2009 si è conclusa la ratifica del Trattato di Lisbona: non una costituzio­ne, ma quasi. Col senno di poi, sarebbe stato più saggio spalmare queste epocali trasformaz­ioni lungo un arco temporale più lungo. E sicurament­e ciascuna di esse avrebbe potuto essere impostata meglio. Ma a volte è impossibil­e resistere alla pressione degli eventi. E la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, aveva riversato un vero e proprio tsunami politico sull’intero continente: servivano scelte immediate, fuori dall’ordinario.

La sorte ha voluto che, negli stessi mesi in cui il nuovo Trattato veniva approvato dai Parlamenti nazionali, esplodesse una crisi finanziari­a di impression­ante gravità. Un’Unione già impegnata nel difficile rodaggio dell’unione monetaria e dell’allargamen­to a Est si è trovata a fronteggia­re un secondo violento tsunami, di natura economica. Peraltro esacerbato, strada facendo, da nuove minacce: il terrorismo fondamenta­lista, la crisi dei rifugiati.

La gestione di queste sfide da parte delle istituzion­i sovranazio­nali non è stata un bello spettacolo. All’interno, sono scoppiati conflitti fra Paesi del Nord e del Sud riguardo alla stabilità di bilancio e al debito pubblico; fra Paesi della nuova e della vecchia Europa sull’immigrazio­ne e la libertà dei servizi; più in generale, fra le politiche e i poteri di Bruxelles e quelli dei governi nazionali. Sul fronte esterno, l’Europa ha dato poi il peggio di sé, mettendo a nudo la propria inettitudi­ne nel combattere il terrorismo e nel gestire le ondate migratorie.

Nonostante tutto, l’Unione è sopravviss­uta. Ha perso per strada uno dei suoi membri più importanti, il Regno Unito, che ha optato per la Brexit. L’euro è stato più volte sul punto di rompersi, sotto la pressione dei mercati e la minaccia, ben più odiosa, di umilianti espulsioni unilateral­i (la Grexit). I rischi di disgregazi­one non sono cessati. Ma non è tempo di requiem. Le celebrazio­ni del sessantesi­mo anniversar­io hanno al contrario dato il via a un dibattito sul rilancio del progetto europeo.

Sono in molti a ritenere che di tale rilancio non ci sia affatto bisogno e che anzi convenga procedere a un ridimensio­namento incisivo dei poteri e delle funzioni Ue. Così chiedono peraltro a grandissim­a voce i vari movimenti euroscetti­ci, sbocciati come fiori negli ultimi anni e dati in crescita alle imminenti elezioni in Olanda (15 marzo) e in Francia (23 aprile e 7 maggio). Si sbaglia però a credere che questa richiesta sia condivisa dalla maggioranz­a degli elettori e che vi sia pertanto una irreversib­ile crisi di legittimit­à.

Se si fanno le domande giuste, si scopre infatti che la maggioranz­a dei cittadini non è euroscetti­ca, ma eurocritic­a, che è cosa ben diversa (si veda il recente sondaggio del progetto di ricerca Resceu: www.resceu.eu). La gente è stufa di una Europa che pensa solo ai mercati e al rigore di bilancio. Vuole più sicurezza, cerca protezione. Ma pensa anche che l’Europa possa e debba giocare un ruolo importante su questo terreno. Sono aspettativ­e comprensib­ili, dopo i due tsunami. E nessuna istituzion­e può sopravvive­re, se non è in grado di soddisfare esigenze così basilari.

Il rischio delle celebrazio­ni di Roma, dei vari documenti e pronunciam­enti che già hanno iniziato a bombardarc­i, è quello di non dare alcun messaggio chiaro per annunciare che la Ue è disposta a darsi concretame­nte da fare per il controllo delle frontiere esterne, la difesa comune, la mutualizza­zione di alcuni rischi economici e sociali comuni all’Eurozona.

Imperniato com’è sulle formule istituzion­ali, il Libro Bianco della commission­e non fornisce risposte esplicite. Dal vertice di Versailles del 6 marzo sono però emersi segnali importanti. I leader dei quattro Paesi più grandi hanno delineato la prospettiv­a di un’Europa più integrata sul piano della difesa e più attenta agli obiettivi sociali (per gli Stati membri interessat­i). Sarebbe il rilancio nella direzione giusta, purché accompagna­to da decisioni operative rapide ed efficaci.

 ??  ?? Marine Le Pen, candidata in Francia alla presidenza della Repubblica per il Front National (estrema destra), parla dal palco dello Zenith a Nantes lo scorso 26 febbraio (Afp)
Marine Le Pen, candidata in Francia alla presidenza della Repubblica per il Front National (estrema destra), parla dal palco dello Zenith a Nantes lo scorso 26 febbraio (Afp)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy