Corriere della Sera - La Lettura

L’HI-TECH ÈOPPIO ECIVUOLE DIPENDENTI

- Di ANDREA DE CESCO

La tecnologia è l’oppio del XXI secolo e la colpa è da imputare al cambiament­o nel modello di business delle aziende hi-tech. A sostenerlo è Adam Alter nel libro Irresistib­le. The Rise of Addictive Technology and the Business of Keeping Us Hooked (Penguin Press), in cui illustra le ragioni della generale assuefazio­ne ai nuovi prodotti tecnologic­i e il modo in cui combatterl­a. Alter, professore di Psicologia e di Marketing all’Università di New York, parla di «dipendenza comportame­ntale», vale a dire una forma di dipendenza che ci porta a impegnarci in modo compulsivo in un determinat­o comportame­nto. Ogni qualvolta vinciamo a un giochino per smartphone o riceviamo un «mi piace» — spiega il professore — nel nostro cervello si innesca un particolar­e meccanismo, che le aziende hi-tech conoscono bene. Alter afferma che, mentre le invenzioni del passato (dalla calcolatri­ce alla cerniera) miravano a semplifica­rci la vita, gli odierni prodotti tecnologic­i (smartphone, social media, videogame, app di dating, serie tv) spingono le persone a dedicarvi tempo e attenzione senza apportare alcun tipo di beneficio. Il successo viene così a coincidere con la dipendenza stessa degli utenti. Non a caso, Steve Jobs svelò di non avere mai permesso ai figli di usare l’iPad, pur avendo detto in pubblico che tutti avrebbero dovuto possederne uno.

Come racconta Alter nel libro, nella maggior parte delle aziende hitech esiste un team di ricercator­i e ingegneri incaricati di tenere vivo l’interesse degli utenti. «Dall’altra parte dello schermo ci sono persone con il compito di distrugger­e la nostra capacità di autocontro­llo», scrive il professore. È proprio quando ci accorgiamo che non siamo più in grado di scegliere liberament­e se continuare o meno a tenere un certo comportame­nto che dobbiamo preoccupar­ci. A detta di Alter la soluzione è imparare a gestire le dipendenze e imporci regole che ci aiutino a non cadere nella tentazione, creando spazi e momenti da cui la tecnologia (nelle forme più nocive) è bandita.

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