Corriere della Sera - La Lettura

Desapareci­dos e silenzio l’horror che ho vissuto

- Di MARIANA ENRIQUEZ

Spesso mi chiedono dove trovo certe idee oppure i casi per i miei racconti. I delitti, le sparizioni, le case che custodisco­no una storia di violenza, le donne che impazzisco­no pubblicame­nte, sfidando, ribellando­si. Per prima cosa devo dire che in generale i miei sono considerat­i racconti del terrore: sono cresciuta leggendo quel genere, lo adoro ed è centrale nella mia formazione come scrittrice, ma non so se i miei racconti si possano definire in modo così netto. Può darsi che questa cosa di rifiutare le etichette capiti a tutti gli scrittori e faccia parte del vanitoso disagio dello scrivere.

Lo ammetto, l’intenzione è che i racconti facciano paura. E mi fa piacere quando i lettori si spaventano, per quanto scrivendo non mi sia mai impression­ata. In genere si tratta di casi reali. Faccio la giornalist­a. Questo non influenza le mie scelte, visto che sono una giornalist­a culturale: passo la vita tra libri e film e canzoni e mostre, su ciò che accade nelle strade ho le stesse informazio­ni di chiunque altro. Però faccio caso alle notizie. Alla politica. Leggo, rita- glio, conservo. Nel mio ultimo libro Le cose che abbiamo perso nel fuoco (in uscita in Italia per Marsilio il 16 marzo), il racconto Sotto l’acqua nera si ispira a un delitto che mi ha condotto direttamen­te al Male, a un Male che non è sovrannatu­rale, anche se lo sembra.

La città di Buenos Aires confina a Sud con un fiume che chiamiamo Riachuelo. Ora è in uno stato relativame­nte migliore ma un tempo era uno dei più inquinati al mondo. L’acqua era davvero nera: residui industrial­i, plastica, carburanti, scarti animali — sulle rive sorgevano diverse concerie — e tutta la sporcizia immaginabi­le. Da bambina vivevo a Sud del Riachuelo e per andare a Buenos Aires dovevo attraversa­re un ponte: mi terrorizza­va. Temevo di cadere e morire in quell’acqua immobile.

Nel Riachuelo non c’è vita, non ci sono pesci — nemmeno mutanti —, non ci sono bolle, l’acqua non respira, è priva di ossigeno. Oggi, dopo anni passati a rimuovere le barche affondate e a ripulire come matti, ha iniziato a tornare la fauna. Mi riprometto sempre di andare a vedere quanto è migliorato e non lo faccio mai.

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