Corriere della Sera - La Lettura
Le persone volano se fai danzare la speranza
Lutto, violenza, fuga, trauma, dipendenza. Viscere e coraggio. E una tensione che vira al thriller. Le emozioni marchiano a fuoco la danza di Crystal Pite, la coreografa più contesa al mondo, oggi, della sua generazione. Canadese, 46 anni, ha creato per il Ballet de l’Opéra di Parigi, lo scorso settembre, The Seasons’ Canon, presentato in apertura di stagione al Palais Garnier in tandem con Blake Works I del guru William Forsythe e accolto con standing ovation e ottime recensioni (il «New York Times»: «Lavoro tribale, futuristico, una sorta di cerimonia d’apertura per Olimpiadi post-apocalittiche»). In scena, 54 danzatori tra étoile e solisti, in pantaloni militari e gole tatuate, venivano vigorosamente mossi come guarnigioni di una strategia bellica, pedine di un domino di carne.
Oltremanica, un altro scacchiere attende la bionda canadese. A Londra, il Royal Ballet le ha commissionato una creazione per il blasonato palcoscenico della Royal Opera House, al debutto mondiale il 16 marzo in un trittico che prevede The Human Seasons di David Dawson e After the Rain di Christopher Wheeldon. Per la cronaca, è la prima richiesta del genere avanzata a una donna negli ultimi 18 anni di storia del main stage londinese. La capitale britannica ha premiato Pite nel 2015 con il prestigioso Laurence Olivier Award e la vede, dal 2013, artista associata del Sadler’s Wells dove, il 12 e 13 aprile, la compagnia Kidd Pivot da lei fondata a Vancouver nel 2002 porterà il suo Betroffenheit (costernazione), lavoro creato a quattro mani con Jonathon Young, drammaturgo sulla cui tragedia personale — la perdita della sorella e due nipoti in un incendio nel 2009 — è costruito un fiammeggiante cal- vario di traumi e lutto in cui si innestano squarci di music hall dall’urticante segno visivo.
Come ha fatto breccia questa ex ragazza dal nome adamantino e dalla bellezza nordica nell’algida Albione? «Non è nella mia natura provocare. Se un soggetto mi interessa — dice Pite, con voce dolce, a “la Lettura” — voglio allargare la mia immaginazione e aprire una conversazione con il pubblico che mi connetta alla gente su temi universali. Non è sempre facile a teatro. Young mi ha proposto la sua idea: è un collega e amico di lungo corso, ero consapevole del suo lutto e con timore l’ho tradotto in chiave artistica. Ma in realtà quello è stato il volano di un processo artistico più ampio per costruire una storia sulla sofferenza».
Racconta la costruzione di Flight Pattern, la sua prima creazione per il Royal. «L’idea del volo, menzionato nel titolo, allude alla fuga dei rifugiati che si vena di libertà e speranza. Un tema umanitario che mi tocca profondamente. Dopo essere diventata madre sei anni fa (di Niko, avuto dal set designer Jay Gower Taylor, ndr), mi sento più vulnerabile al mondo: vedo in ogni persona una madre o una figlia, se mi focalizzo su una piccola storia, concentrandomi su una famiglia e su un evento, è più agile evocare la crisi dei rifugiati. Ma non è un balletto politico». A proposito del Muslim ban, il bando voluto da Donald Trump contro l’immigrazione di musulmani negli Usa, dice: «Da artista provo frustrazione, rabbia, senso di colpa». Ha scelto la terza Sinfonia op. 36 Dei canti lamen
tosi Henryk Górecki, spesso associata alla Shoah. «Utilizzo il primo movimento: non penso che ispirarsi all’Olocausto fosse l’intenzione di Górecki, piuttosto è un’opera sulla sofferenza umana della generazione della guerra. Sono partita dalla musica, che ho scelto un anno e mezzo fa, modellando insieme struttura e scrittura».
Pite è l’eccezione alla tendenza, diffusa nelle maggiori compagnie del mondo, di affidare commissioni a coreografi uomini. L’inferiorità numerica delle donne nel gotha del balletto è uno dei temi internazionalmente più dibattuti sui media negli ultimi anni: «Le ragioni — afferma Crystal che ha cominciato a studiare danza a quattro anni — sono da ricercare, probabilmente, nell’infanzia delle ballerine, nella loro educazione, nell’adesione a modelli stereotipati. È un interrogativo gigantesco valido per il balletto classico, meno per la danza contemporanea. Ma sta cambiando. Sono fortunata, non è stata la mia storia: i miei insegnanti mi hanno sempre sostenuta. Ho cominciato prestissimo a cucirmi i passi addosso come un sarto».
Tra i suoi lavori, la coreografia per l’opera The Tempest di Thomas Adès, regia di Robert Lepage, al Metropolitan Opera House nel 2012, l’epico Polaris con 60 allievi guidati dai performer di Kidd Pivot in formazioni mutanti, The You Show, labirinto di relazioni umane, Tempest Repli
ca, rilettura della Tempesta di Shakespeare con danzatori coperti da veli bianchi o
Dark Matters, forze nascoste che controllano mente e corpo con burattini manovrati da quattro danzatori simili ai kuroko del teatro giapponese.
Nell’agenda di Pite c’è un’altra creazione, Parade per il Nederlands Dans Theater I (di cui è coreografa associata), il 18 maggio all’Aia, un nuovo lavoro per il suo Kidd Pivot all’inizio del 2019, in questi giorni in tour in Australia con Betroffenheit. «Quando lavoro con la mia compagnia a Vancouver — confessa Pite — mi prendo moltissimo tempo da dedicare alla ricerca. Da William Forsythe, di cui sono stata danzatrice, ho imparato moltissimo sulle possibilità dell’improvvisazione come strumento di lavoro. Ammiro la capacità di Bill di distruggere, con brutale coraggio, all’interno del processo creativo per dare spazio a idee nuove».
Protagonisti Alla coreografa Crystal Pite il Royal Ballet di Londra ha chiesto una creazione che vedrà la luce il 16 marzo, «Flight Pattern». A «la Lettura» lei dice: «Voglio aprire una conversazione con il pubblico su temi universali. Non è sempre facile» L’eccezione Sono rare le coreografie commissionate a donne: «Dipende dall’infanzia delle ballerine, indotte ad aderire a modelli stereotipati, credo»