Corriere della Sera - La Lettura
Un anno dopo, Bach incassa il doppio
Ricorsi Nel 2016 un violinista italiano, Carlo Maria Parazzoli, aveva suonato in una stazione della metropolitana di Roma per mezz’ora: raccolse 13 euro e 6 centesimi. Ora il collega colombiano William Estebán Chiquito Henao ripete la prova: 24,83 euro
Mentre William Estebán Chiquito Henao scende le scale della stazione Lepanto della metropolitana di Roma, da qualche parte della sua testa devono essere rimaste domande su chi siamo veramente noi. Pochi mesi prima gli abitanti di un piccolo centro in provincia di Ferrara hanno barricato le strade per impedire l’arrivo di dodici donne straniere in un ostello del paese. Poco più di un anno fa una quattordicenne senegalese in un liceo di Pisa ha ricevuto lettere anonime («non si è mai vista una negra che prende dieci», «una negra non può diventare avvocato») quando i compagni si sono resi conto che il suo rendimento scolastico era migliore del loro.
Questo è lo stesso Paese nel quale molte comunità fanno del loro meglio per accogliere decine di migliaia di bambini o adolescenti sbarcati dal Nord Africa senza i genitori. Ed è lo stesso Paese nel quale un bambino ogni cinque fra quelli nati nell’ultimo anno ha una madre straniera: inclusi quei bebè, siamo scesi al numero delle nascite sul suolo della penisola italiana che prevaleva nella prima metà del Cinquecento; senza di loro saremmo tornati, demograficamente, al Medioevo.
William Chiquito scende le scale per cercare di capire in che Paese vive e la sua è, deliberatamente, la replica di una replica. È nato 28 anni fa a Medellín, in Colombia, e vista dal suo punto di partenza le probabilità che lui si trovasse oggi qui a Roma sembrano infinitesimali. Nella città di uno dei più pericolosi e violenti cartelli del traffico di cocaina al mondo, William è cresciuto in povertà assoluta. Gran parte dei suoi coetanei vicini di casa non sono più vivi per raccontare cos’era il loro quartiere di Medellín a quel tempo. Lui si ritiene salvato dalla musica. Suo padre, portiere di un palazzo, nel tempo libero canta canzoni popolari colombiane e questo è tutto il patrimonio che William si portava dietro un giorno quando a undici anni per caso accompagnò sua cugina in una scuola di musica. Non ne sarebbe mai uscito, in un certo senso.
A vent’anni vinse una borsa per un ciclo di studi in Italia riservata ai giovani artisti colombiani e finanziata da Fernando Botero, il pittore. William entrò nella scuola di musica di Fiesole, a Firenze, dormendo in ostello pur di risparmiare e comprarsi un violino accettabile. Chiquito oggi è uno dei migliori violinisti dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma, ha suonato in tutto il mondo ed è stato diretto da Riccardo Muti, Claudio Abbado, Antonio Pappano; insegna il suo strumento a Fiesole e ha formato un gruppo di successo di musica da camera che porta il suo nome (Quartetto Henao).
È un talento che l’Italia è riuscita ad attrarre e a sviluppare ed eccolo che scende le scale della stazione Lepanto di Roma un lunedì mattina di gennaio alle otto per capire in che razza di Paese sia. Sta per tentare un esperimento pensato e perseguito un anno intero, come alcuni lettori di queste pagine ricorderanno. Qui aveva suonato il maestro Carlo Maria Parazzoli, primo violino dell’Accademia di Santa Cecilia. Stessa stazione della metropolitana nel cuore di un quartiere borghese di Roma, ricco di uffici per accedere ai quali occorrono tutt’altro che trascurabili investimenti nella propria educazione. Stessa ora dello stesso giorno della medesima settimana dell’anno, simile temperatura rigida, solita fretta dei passanti. Stesso brano musicale che oggi William Chiquito suonerà — l’Adagio e la Fuga della prima Sonata per violino solo di Johann Sebastian Bach, di una bellezza lacerante — nella speranza che l’anno trascorso prevenga nei frequentatori della metro di Lepanto uno strano sentimento di déjà vu, déjà vécu.
Questo, d’ altra parte, èilp unto. Lap rimare plica d iP arazzo liri produceva l’esperimento tentato dal giornalista del William Estebán Chiquito Henao, 28 anni, di Medellín (Colombia) in tre momenti della sua performance a Roma. Henao ha studiato in Italia ed è violinista dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Ha suonato i primi due movimenti (Adagio e Fuga) della prima Sonata per violino solo in sol minore BWV 1001 di Bach (16851750). L’esperimento di Parazzoli fu pubblicato su «la Lettura» #223 del 6 marzo 2016 «Washington Post» Gene Weingarten nella capitale americana nel 2008 con il violinista Joshua Bell: un grande interprete che suona per raccogliere offerte nel metrò. Era il modo di misurare se e come le persone siano in grado di riconoscere la pura bellezza fuori dal quadro mentale in cui se l’aspetterebbero. Giusto per ricordare il risultato di un anno fa: Parazzoli suona per trenta minuti a partire dalle ore 8.04, gli passano davanti 1.760 persone, dodici offrirono qualcosa (lo 0,63% del campione) e a fine esperimento il maestro raccoglie 12 euro e 86 centesimi.
Questa volta per il suo collega Chiquito tutto è uguale meno un dettaglio: il colo- re della pelle. Non è nero, come quello della ragazza che riceveva lettere anonime per aver preso troppi dieci in una scuola di Pisa. Ma chiaramente non è bianco («Credevo fosse arabo», dirà una passante dopo aver offerto due euro). È un colore che permette di misurare se e come questi italiani della stazione Lepanto a Roma siano capaci di premiare il talento quando esso si esprime in una persona venuta da fuori. Tagliati fuori dalla mente tutti i condizionamenti e i pregiudizi — qui tutti sembrano pensare solo ad arrivare al lavoro o a scuola in tempo — questo diventa un tentativo di vedere se siamo capaci di remunerare e dunque integrare un immigrato che sa fare qualcosa bene come un italiano.
Sia Parazzoli che Chiquito in questi loro lunedì mattina a Lepanto sono mendicanti con un violino; dunque la pietà umana, se c’è, si applica a entrambi. Ma riceveranno dai passanti lo stesso trattamento o il colore della pelle li differenzierà?
Dopo mezz’ora davanti al violinista colombiano impegnato su Bach hanno camminato 2.028 persone. In undici gli hanno lasciato qualche soldo: lo 0,54% dei passanti, dunque appena meno che per Parazzoli. Ma hanno pagato una somma doppia, 24,83 euro (fra cui sette monete da 5 centesimi, una da 2 e sei monete da un cent). Se Lepanto è l’Italia, questo forse non è un Paese chiuso al talento quando si presenta sotto un diverso colore della pelle. O almeno è un Paese che non riserva meno compassione ai bisognosi venuti da fuori che a quelli cresciuti qui. Ammesso, naturalmente, che sia ancora possibile racchiudere il mondo in una stazione della metro attraversata da una musica di Bach.
Nel mezzanino della fermata di Lepanto sono identici anche i brani eseguiti: l’Adagio e la Fuga dalla prima Sonata del compositore tedesco. Unico dettaglio diverso: il colore della pelle del virtuoso. Una passante lascia 2 euro: «Credevo fosse arabo»