Corriere della Sera - La Lettura

E nei romanzi i titoli sono citazioni

Da Mari a Carmen Pellegrino e Gianni Biondillo e altri, i prosatori attingono alla lirica

- Di CRISTINA TAGLIETTI

«Bisognereb­be ricordarse­ne di quanto la poesia — questa cosa preziosa che è di tutti e che sbaraglia i muri di confine — possa rendere la vita più lieta, più riuscita» scrive Carmen Pellegrino nella nota che chiude il suo nuovo romanzo Se mi tornassi questa sera accanto (Giunti). Un titolo che, come capita sempre più spesso nei romanzi di autori contempora­nei, affida a un verso poetico la sintesi estrema di ciò che contiene. Una tendenza che a volte assomiglia di più a una sorta di assonanza emotiva: è stato così per Benedetta Tobagi che ha preso in prestito Come mi batte forte il tuo cuore, parte di un verso finale di Ogni caso di Wisława Szymborska, per un libro in cui fa battere il cuore del padre Walter, giornalist­a del «Corriere» ucciso sotto casa dai terroristi.

E se il dantista Marco Santagata sceglie un verso del XXIX canto del Purgatorio, Come donna innamorata, per intitolare il romanzo (edito da Guanda) dedicato all’amore tra Dante e Beatrice, Simona Vinci mette le parole di una poesia di Ghiannis Ritsos, La prima verità, in testa a un libro (pubblicato da Einaudi Stile libero) a metà tra il romanzo e il reportage, ambientato in gran parte nell’isola di Leros e ispirato liberament­e alla vita del poeta greco perseguita­to dai colonnelli. Altre volte è un capriccio letterario, come Io venìa pien d’angoscia a rimirarti (Einaudi), titoloomag­gio a Giacomo Leopardi che Michele Mari utilizza per una esaltante e gotica esplorazio­ne delle sue ossessioni e, più in generale, dell’animo umano. La fa condurre dal tredicenne Orazio Carlo che il 9 febbraio 1813 decide di annotare, giorno per giorno e in segreto, le sue osservazio­ni sull’imperscrut­abile fratello maggiore, Tardegardo Giacomo Leopardi, a partire dalla straniante osservazio­ne della luna e dalle letture che lo strambo congiunto fa di nascosto dai genitori.

Pellegrino invece sceglie il primo verso di A mio padre di Alfonso Gatto, autore campano come lei, la cui poesia le «fa strada» sin da quando era ragazzina, per raccontare il rapporto interrotto tra un padre e una figlia. Se mi tornassi questa sera accanto è proprio questo: una «nostalgia dell’inaccaduto», il desiderio di colmare una distanza, accendendo una «disperanza», parola usata da Vincenzo Monti come sinonimo di disperazio­ne, a cui la scrittrice dà un altro significat­o: «Inseguire la speranza nelle cose disperanti». Quella di Carmen Pellegrino è una prosa totalmente compenetra­ta di rimandi poetici, il titolo del suo libro porta con sé una sospension­e, così come Ogni spazio felice (Guanda), verso di Rilke che Alberto Schiavone ha usato per il suo intenso

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