Corriere della Sera - La Lettura
Louatah e i suoi «Selvaggi»: la Francia sta per esplodere
Sabri Louatah: mi hanno segnato le rivolte nelle banlieue Niente memorie intime, per scrivere bisogna esagerare
L’intervista Esce in Italia il primo volume della saga «I selvaggi» che nel 2012 anticipava «Sottomissione» di Houellebecq immaginando a Parigi un presidente musulmano. Parla il suo autore Nazioni «Vivo a Chicago, adoro l’America: sono partito perché non vedevo un grande futuro per il Paese dove sono nato»
Cinque maggio 2012. Al secondo turno dell’elezione presidenziale Nicolas Sarkozy affronta il candidato socialista Idder Chaouch, musulmano e favorito, una specie di Barack Obama francese. Nelle stesse ore a Saint-Étienne la grande e caotica famiglia cabila Nerrouche si riunisce per la festa di matrimonio di Slim, ragazzo dalla sessualità incerta ma destinato comunque a sposare una ragazza di origine algerina. La fantapolitica si incrocia con la tribù dei Nerrouche tramite Krim, diciottenne sbandato che finirà per lasciarsi tentare dal cugino Nazir e dal terrorismo, commettendo un attentato.
Il primo libro della fortunata saga in quattro volumi dei esce ora in Italia per Mondadori, e «la Lettura» ha incontrato il suo autore Sabri Louatah via Skype: vive a Chicago, lontano da una Francia depressa e ossessionata dal rapporto con i musulmani. Prima di passare al francese Louatah comincia parlando in italiano, «quando ero più giovane avevo un amico fiorentino e ho passato molto tempo in Italia, è diventata la mia seconda patria». È uno scrittore cosmopolita e poliglotta che si definisce più europeo che francese.
«I selvaggi» è uscito in Francia all’inizio del 2012. Nel frattempo il Paese è cambiato?
«All’epoca non c’erano ancora stati gli attentati terroristici. Due mesi dopo l’uscita del libro, a marzo, Mohamed Merah ha compiuto la strage di Tolosa, uccidendo tre soldati e quei bambini ebrei nella scuola. Si è creata subito una forte tensione, qualche ragazzino nelle periferie ha scritto “viva Mohamed Merah” e poi l’allora presidente Sarkozy ha strumentalizzato l’attentato in campagna elettorale. È stato l’inizio di un dramma che dura tuttora».
Con la scena finale dell’attentato contenuta nel libro è stato profetico.
«Senza volerlo, la mia intenzione era descrivere un pezzo di società francese a partire dalla storia di una famiglia, i Nerrouche. L’idea dell’attentato mi è venuta pensando a che cosa avrebbe potuto fare questo ragazzo, Krim, pieno di odio e risentimento. In Francia esistono dei ghetti che concentrano tutte le discriminazioni, il crimine, la miseria, l’assenza di qualsiasi opportunità economica. La Francia è il solo Paese al mondo in cui il 31 dicembre di ogni anno migliaia di auto vengono date alle fiamme. Le rivolte del 2005 nelle banlieue mi hanno segnato, stavo leggendo I demoni di Dostoevskij dove si racconta di una società che esplode, che prende fuoco, come dice Dostoevskij il fuoco si vede fuori ma è nella te- sta. Io sentivo che sarebbe bastato un attentato perché il fuoco attecchisse».
E ha immaginato un presidente musulmano, prima di Houellebecq.
«Ho pensato a un presidente che incarnava una forma di speranza e di riconciliazione nazionale, Chaouch che è un po’ Barack Obama. Michel Houellebecq ha immaginato un presidente musulmano che sottomette la popolazione bianca. L’incubo dei bianchi è essere rimpiazzati dai musulmani ma credo che non succederà mai, anche solo per una questione di numero, gli islamici in Francia sono troppo pochi. Io sono ateo ma sento comunque una solidarietà con i musulmani di Francia: non passa giorno senza che venga rovesciata loro addosso ogni genere di colpa».
Perché ha lasciato la Francia per trasferirsi negli Stati Uniti?
«Sono venuto negli Stati Uniti perché mia moglie è qui e adoro l’America e la lingua inglese, in questo momento sto scrivendo un romanzo in lingua inglese. Ma sono partito anche perché non vede-