Corriere della Sera - La Lettura
Una tempesta digitale infinita per prevedere il rischio tornado
Itornado sono tra le manifestazioni più distruttive della natura. Comprendere come si sviluppano e si spostano è importante per riuscire a lanciare per tempo l’allarme e a salvare vite umane. Specie nei Paesi dove colpiscono con più intensità come gli Stati Uniti, dove ne vengono registrati oltre 1.200 all’anno. Un gruppo guidato da Leigh Orf, dell’Università del Wisconsin-Madison, ha ricreato con una simulazione computerizzata la supercella temporalesca che per quattro giorni investì le pianure centrali. Dalla supercella si staccarono nubi a imbuto che, toccando terra, innescarono i tornado. Uno di essi, detto El Reno, raggiunse il grado Ef-5 (il massimo) della scala Fujita rinforzata, che classifica l’intensità dei tornado. El Reno, con venti che arrivarono a 514 chilometri all’ora presso il suolo, il 24 maggio 2011 spazzò l’Oklahoma per due ore percorrendo 100 chilometri: alla fine i morti furono otto e i feriti oltre 150. Secondo il Servizio meteorologico nazionale americano, El Reno fu il più forte tornado mai osservato. La squadra di Orf, basandosi sui dati rilevati da strumenti e satelliti, è stata in grado di ricostruire la formazione e l’evoluzione della supercella di El Reno. La simulazione ( nell’immagine, UW
Madison) è stata ottenuta grazie al Blue Waters Supercomputer dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign. Ma anche con una macchina così sofisticata, in grado di eseguire 1,5 milioni di miliardi di operazioni al secondo (1,5 petaflops), il programma ha dovuto «girare» per tre giorni (a causa dell’enorme quantità di variabili che agiscono in un tornado) prima di giungere a un risultato di altissima risoluzione con una griglia di 1,84 miliardi di punti. Con un Pc da tavolo sarebbero serviti decenni di calcoli.