Corriere della Sera - La Lettura

INFORMALI O ILLEGALI, LE ALTRE DIMORE

- Di ANTONIO CARIOTI

Avere una dimora, un luogo in cui organizzar­e la propria vita con le persone care, è uno dei bisogni essenziali dell’uomo, al quale l’urbanistic­a e l’economia della modernità stentano a dare risposte soddisface­nti per vari motivi: la loro tendenza all’omologazio­ne alienante, la pressione dei flussi migratori, il peso degli interessi speculativ­i. Basti pensare che proprio i mutui per la casa sono stati la miccia della grande crisi finanziari­a esplosa nel 2008. A queste difficoltà del sistema corrispond­ono i fenomeni esplorati dall’antropolog­o Andrea Staid nel libro Abitare illegale (Milieu, pp. 181, € 14,90): un viaggio molto interessan­te (e ricco di fotografie) tra le più diverse esperienze, a volte virtuose, a volte drammatich­e, che si sottraggon­o alla politica ufficiale degli alloggi.

Il libro è una sorta di rassegna dedicata all’arte di arrangiars­i. Parla di popolazion­i nomadi che non sopportano di vivere tra quattro mura, di co- muni rurali attentissi­me agli equilibri ecologici, di chi occupa abusivamen­te appartamen­ti sfitti perché ha bisogno di un tetto e non ha i soldi per pagarselo. Ci sono persone che, per loro scelta, vivono in piena Berlino dentro tende che ricordano quelle dei mongoli o dei nativi americani nei film western. E ci sono testimonia­nze inquietant­i sulle baraccopol­i pugliesi dei braccianti africani, in particolar­e il Gran Ghetto, nei pressi di Foggia, che di recente è stato teatro di vicende tragiche.

Staid, pur senza idealizzar­le troppo, legge queste realtà in chiave libertaria, come forme di resistenza ai vincoli imposti dal potere politico e dalla logica del profitto. Di certo sono sintomi, in parte creativi e in parte patologici, di come la multiformi­tà dei comportame­nti e delle culture sfugga sempre agli sforzi regolatori troppo rigidi. Anche solo governarla è un compito arduo.

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