Corriere della Sera - La Lettura
Io sono lui ma lui non è me. Così va la vita
Grottesco Giuseppe Culicchia affronta i tic del mondo culturale attraverso un personaggio che si finge Nanni Moretti, detestato da un tale che si chiama Giuseppe Culicchia, e che incontra figure reali L’intreccio Una girandola vorticosa in cui nessuno si salva, non priva di qualche sfumatura amara, ma tutto sommato indulgente
Un uomo si scruta nello specchio del bagno in marmo con doppio lavabo della Signature Suite numero 68 all’Hotel Danieli di Venezia. È tornato, dopo tanti anni, alla Mostra del Cinema. Ha la voce di Nanni Moretti, la barba di Nanni Moretti, il naso di Nanni Moretti, le rughe di Nanni Moretti. Le orecchie no, non sono quelle di Nanni Moretti.
Presenta subito il suo lato farsesco Essere Nanni Moretti, nuovo romanzo in cui Giuseppe Culicchia frulla e deforma il mondo culturale italiano (come aveva fatto nel piccolo vademecum E così vorresti fare lo scrittore pubblicato nel 2013 da Laterza) inseguendo tic e luoghi comuni, vacuità e piccole invidie di chi lo popola. Lo fa a modo suo, in perfetta coerenza con i suoi romanzi precedenti: un inetto come protagonista, in questo caso uno scrittore di nicchia; il ricorrere di un tormentone, tipico di (quasi) tutti i suoi libri; il gusto per situazioni grottesche; l’inserimento di se stesso o meglio di un personaggio che si chiama Giuseppe Culicchia e fa lo scrittore («il più sopravvalutato di tutti i tempi»), su cui si riversa il benevolo odio del protagonista («E cos’ha in casa? Una mucca che tutte le mattine gli lecca i capelli pettinandoglieli all’indietro?»).
Il libro, costruito come un film, è diviso in due tempi, più un cortometraggio finale, un piccolo racconto kafkiano su un furto di identità che è evidentemente alle origini di tutto il romanzo. Il primo tempo è un flashback che porta indietro di due anni, alla vita quotidiana e precaria di Bruno Bruni. Lo scrittore, ex studente della scuola Holden, è fidanzato con Selvaggia, una maniaca dei like, che «si selfa e riselfa» in continuazione con la bocca atteggiata a bacio. Di professione lei fa la pole dancer (anche se vorrebbe fare la fotografa «alla Cindy Sherman»), mentre lui vive di traduzioni (si sta occupando di Bruce Sterling, «il profeta della letteratura cyberpunk»), pubblica con un editore che si chiama Almacero libri in stile baricchiano ( Cestelli di rabbia, Ottocento, Rayon) mentre vorrebbe pubblicare il Grande Romanzo Italiano, magari con un tenore messo in ginocchio dalla crisi, costretto a cantare per strada, simbolo della decadenza culturale italiana.
Per questo insegue il potente editor Antonio Franchini, l’uomo che sta all’origine dei grandi casi letterari italiani degli ultimi tempi e che riuscirà a incontrare fuori da una toilette durante un Salone del libro in cui ci sono tutti, da Fabio Volo a Gianluigi Ricuperati a Mauro Corona.
Il suo agente, che si chiama Mordecai e in scuderia ha «tre premi Strega, quattro Campiello, due Bancarella e pure un Nonino» vuole indurlo a scrivere una storia «alla Porscia Creso», l’onorevole diventata regina delle classifiche grazie ai suoi thriller culinari con un tocco di sadoma- so e una sfumatura alla Coelho. Così, quando scopre che alla Mondadori stanno per lanciare la collana «Il Caso Umano», l’agente gli propone di scrivere una storia dove il protagonista abbia una malattia rara nella speranza che il caso umano diventi anche un caso letterario e venda migliaia di copie.
Il secondo tempo invece racconta di come Bruno Bruni, su suggerimento della fidanzata, Selvaggia di nome e di fatto (una che fa scarpetta al ristorante ma ha una sua forma di intelligenza bruta), decida di impersonare Nanni Moretti e, sfruttando somiglianza e talento per le imitazioni, giri l’Italia a sbafo, da Noli a Lampedusa (e poi Parigi, Mosca, Pechino), fingendo di fare sopralluoghi per individuare il set del nuovo film. In cambio dell’ospitalità, tutta a spese delle amministrazioni comunali desiderose di «promuovere il territorio», la coppia si sorbisce pranzi e cene con sindaci che mettono tra le loro mani volumi di grande formato ricchi di illustrazioni e di cartine con la storia del luogo dal neolitico ai giorni nostri e fanno allo pseudo-regista immancabilmente tutti la stessa battuta: «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?» (tormentoni che Culicchia ripropone identici a ogni tappa).
In questo Gran Tour fuori e dentro l’Italia lo scrittore mescola protagonisti reali del mondo culturale e personaggi simbolici sotto le cui spoglie è facile individuare il modello ispiratore: il politico, il bestsellerista, il potente presidente di premio con grande disponibilità di denaro ed enormi appetiti da soddisfare. Uno slalom tra cene, serate all’ambasciata, premi, convegni sempre sperando di non incontrare il vero Nanni Moretti. Culicchia si diverte e si toglie qualche sassolino, mettendo se stesso nel girone dei miracolati.
È una girandola vorticosa in cui nessuno si salva, non priva di qualche sfumatura amara, ma tutto sommato indulgente. È l’industria culturale italiana, insomma. Ci vorrebbe Nanni Moretti per raccontarla o anche Giuseppe Culicchia travestito da Nanni Moretti.