Corriere della Sera - La Lettura
Canto in forma di marketing
Giuliano Tabacco elabora materiali asettici
Colui che parla e narra nella poesia di Giuliano Tabacco ha una caratteristica identificativa: essere braccato. Ma a ben guardare, non è in questione tanto un io, quanto un noi. A essere infatti «presi in trappola» sono individui che si qualificano proprio per il loro essere spersi, scarnificati, assoggettati al sistema. Ecco così che il titolo del libro, La grande mappa, assume valore negativo: dal punto di vista di chi scrive, la mappa evocata non serve a orientarsi ma è uno strumento con cui si è identificati, messi a nudo, «schedati». La nota finale informa che il titolo rimanda alla Grande Mappa del Gruppo Gfk Eurisko: «Attraverso di essa vengono inquadrate e interpretate tutte le caratteristiche della popolazione, sia strutturali che relative ad atteggiamenti o comportamenti di consumo, per la definizione di specifici Target di prodotto o servizio». È questo linguaggio asettico, dell’economia e del marketing, che i testi continuamente prelevano e inseriscono all’interno di un tessuto semi-prosastico, in realtà punteggiato di illuminazioni e bagliori. Si tratta di un assemblaggio di materiali linguistici inerti entro una compagine polemica («Là fuori ci sono masse immense da addomesticare») e a tratti lirica. Si potrebbe pensare alla lezione di Pagliarani, forse, e al risentimento di Fortini; all’analisi di Volponi ma anche allo scarto analogico di De Angelis. È a una sorta di apocalisse senza salvezza, a un’abrasione dalla mappa della storia che conduce tale poesia, disperatamente viva, tesa a una lacerata bellezza: «Saremo rasi al suolo, penso; i nostri segni/ fatti incomprensibili a quelli che verranno».