Corriere della Sera - La Lettura
Jonathan Franzen
I liberal hanno più a cuore gli operai in Cina che in Ohio Perciò Hillary ha perso. Le istituzioni culturali? Finite. L’ultima? I Simpson
Il salotto di Jonathan Franzen a Santa Cruz somiglia parecchio al suo proprietario. Ci sono elementi prevedibili — uccellini e cannocchiali sparsi qua e là — e qualche sorpresa: una chitarra, una tastiera, la grande libreria affidata alle scelte della moglie — «i miei libri sono ancora a New York», sottolinea lo scrittore appassionato di ornitologia. Al di là della finestra, la vista a caduta libera su una valle della Highway 1, la mitica autostrada che costeggia uno dei tratti più panoramici e letterari della California.
Si comincia parlando di internet. «Il discorso pubblico — dice Franzen — è peggiorato notevolmente con l’avvento dei social media: è una coincidenza, non una correlazione, ma mi fa pensare che evidentemente ci sia qualcosa che non va nel dibattito online. Starne fuori per me è un privilegio, non una reazione. Continuo a discuterne con amici scrittori convinti che i social siano una piattaforma fondamentale per dare voce a chi non ce l’ha, per farsi sentire... Io credo che sia vero se devi vendere un fantastico detergente ma non se scrivi romanzi. Scrivere è una professione silenziosa dotata di una struttura che prende corpo sulla pagina, non in un’interazione sociale no-stop. Tutto questo ha molto a che fare con la personalità dei grandi scrittori incompatibile con l’autopromozione. Un grande self-promoter come Norman Mailer era infatti uno scrittore mediocre. Quando sei troppo preso a stare nel mondo è difficile impegnarsi nella scrittura di un romanzo. In questo senso, l’ecosistema dei new media premia gli scarsi».
Il personaggio di Andreas Wolf, uno dei protagonisti di «Purity» che somiglia molto a Julian Assange, è molto più ricco di sfumature delle sue idee sul web.
«I romanzi muoiono quando diventano contenitori delle opinioni dello scrittore. Per questo sono allergico al concetto di romanzo politico, che vuol dire fare propaganda per chi la pensa come te. Io scrivo romanzi che possono essere letti da tutti, che non innescano un’identificazione di categoria nel lettore. La politica è stupida, la verità è molto più complicata. Posso avere opinioni forti, certo, ma non credo nella verità assoluta delle mie opinioni. Uno dei compiti dello scrittore è interrogare le proprie idee, metterle in discussione, sperando di avvicinarsi il più possibile alla verità. E la verità è sempre meno estrema e complicata. Ho amato Andreas e non credo sia una persona terribile. Ha avuto un’infanzia di merda!».
Dal suo ultimo libro emerge anche un profondo rispetto per la professione giornalistica, sentimento abbastanza fuori moda di questi tempi.
«Già, la stampa è il nuovo nemico pubblico numero uno... Sono un giornalista anch’io e ho rispetto per quelli che fanno bene il loro mestiere. Originariamente Tom e Leila facevano un altro lavoro ma quando ho deciso che Andreas doveva essere un leaker (trafugatore di informazioni riservate, ndr) ho capito che loro non potevano che