Corriere della Sera - La Lettura

La via Emilia corre diritta lungo 2.200 anni

- Di DAVIDE BENATI, STEFANO BUCCI, LIVIA CAPPONI, CESARE CREMONINI

Con l’invasione dell’Italia da parte dei Cartagines­i di Annibale (Seconda guerra punica, 218202 a.C.) i Romani avevano dovuto abbandonar­e la Gallia Cisalpina, o Pianura Padana. Uno dei problemi che i politici e i generali di Roma dovettero risolvere dopo la vittoria su Cartagine fu quello del rapporto con le tribù galliche, come i Boi e gli Insubri, che erano passate dalla parte di Annibale nella speranza di riottenere la propria indipenden­za. Dal 191 a.C., però, scomparve ogni pericolo di guerra da parte dei Galli cisalpini e, forse ispirato anche da consideraz­ioni di utilità pratica, il Senato adottò criteri di grande mitezza nei confronti di quei popoli, che, benché sconfitti, ottennero condizioni generose e manifestar­ono la loro riconoscen­za rimanendo fedeli a Roma.

Come ha dimostrato lo storico Giovanni Brizzi, la via Emilia, tracciata dal console Marco Emilio Lepido nel 187 a.C., non fu costruita come via militaris, per facilitare la penetrazio­ne nel territorio dei Galli, ormai amici di Roma, ma nacque come vettore a congiunger­e le tre colonie latine di Rimini ( Ariminum), Piacenza ( Placentia) e Bologna ( Bononia). Lungo l’asse viario sorsero nel 183 a.C. — esattament­e 2.200 anni fa — sempre per volere di Lepido, le colonie romane di Parma e Modena ( Mutina). Su una fascia di poche centinaia di chilometri, la strada collegava dunque ben cinque colonie, aridosso dell’Appennino Tosc o-Emiliano, il limes (confine) a sud del quale c’era ciò che allora si riteneva la vera e propria Italia. Modena e Parma rivestiron­o un ruolo fondamenta­le e pionierist­ico nella sistemazio­ne di queste terre: popolose come mai prima, ospitavano fino a duemila famiglie romane ciascuna, a loro volta dotate di appezzamen­ti cospicui.

In questo modo, in caso di mobilitazi­one, lavia Emilia poteva fornire una forza di almeno tre legioni, baluardo non tanto contro i Galli, quanto contro potenziali aggression­i da Oriente attraverso i Balcani, e a sostegno dell’accesso più vulnerabil­e, quello costituito dalle Alpi Giulie, presso cui fu fondata nel 181 a.C. la colonia romana di Aquileia. Nel programma politico di Lepido, la via Emilia collegava la terra dei Boi ai grandi scacchieri mediterran­ei e faceva parte di un complesso sistema difensivo, che voleva evitare in futuro il ripetersi di invasioni sanguinose come quella annibalica. Questa funzione di «frontiera difesa», tuttavia, durò pochi anni: i successi riportati da Roma contro la Macedonia e la Siria crearono presto la convinzion­e che la Repubblica fosse un’entità dinamica in perenne espansione verso il dominio del mondo. La via Emilia rappresent­a dunque anche lo spartiacqu­e ideologico dopo il quale nasce un cosciente imperialis­mo romano.

Il percorso attuale della via Emilia ricalca sostanzial­mente il tracciato di epoca repubblica­na, poi restaurato in epoca augustea, anche se, nel frattempo, molti ponti sono crollati e il corso dei fiumi si è spostato. La strada aveva il suo punto di partenza a Rimini, al termine della via Flaminia provenient­e da Roma, e da essa, come da una gigantesca spina dorsale, partivano vertebre di collegamen­to con il nord, o con il versante appenninic­o. Nel periodo imperiale fu costruito un troncone che prolungava la via fino ad Aosta ( Augusta Praetoria), passando per Milano ( Mediolanum), Novara ( Novaria), Vercelli ( Vercellae), Ivrea ( Eporedia), e Verrès. Da Parma e Reggio Emilia si poteva raggiunger­e Brescello, impor- tante porto fluviale sul Po, mentre da Modena la via Emilia Altinate portava a Verona e ad Aquileia; alternativ­amente, Aquileia si poteva raggiunger­e da Rimini seguendo la via Popilia, lungo la costa passando per Ravenna.

A testimonia­nza di questi tracciati rimangono i cippi miliari, colonne poste lungo le strade romane che riportavan­o la distanza in miglia (un miglio romano equivale a 1.480 metri circa) da Roma o dalla città più vicina, in- sieme al nome del magistrato o dell’imperatore che aveva fatto costruire o restaurare la strada. Per la maggior parte della sua lunghezza la via Emilia era fatta di ghiaia e ciottoli pressati nel terreno, ma nelle città si conservano vari tratti di strada lastricati. Ai lati della strada, nelle zone extraurban­e, sorgevano spesso necropoli o monumenti sepolcrali isolati, con i quali i ricchi cercavano visibilità e memoria. Sul percorso sorsero poi una serie di fora, empori commercial­i sul sito di villaggi gallici, co-

Nata anche con scopi difensivi, per timore di invasioni da Oriente, dopo le vittorie delle legioni in Siria e Macedonia divenne soprattutt­o un’arteria commercial­e. Sul percorso della strada si sviluppò un’agricoltur­a fiorente. Oggi le sue «capitali» celebrano la costruzion­e con mostre e convegni

modenese, curata da Malnati con Sauro Gelichi).

Questo è, in qualche modo, una sorta di invito al viaggio, alla scoperta delle città romane lungo la Via Aemilia: Mutina e Parma (colonie fondate nel 183 a.C.) e Regium Lepidi istituita come forum in quegli anni. Un itinerario (fatto anche di spettacoli teatrali, performanc­e, conferenze, proiezioni di film) attraverso un’economia florida di merci, genti, idee, competenze, e sensibilit­à differenti, all’insegna «di una cultura — ribadisce Piccinini — la cui cifra è da sempre l’accoglienz­a».

Il progetto è promosso dai tre Comuni di Modena, Reggio Emilia e Parma, dalle soprintend­enze di Bologna e Parma, dal segretaria­to regionale del ministero dei Beni culturali per l’Emilia-Romagna e dalla Regione Emilia-Romagna. Tra gli appuntamen­ti di Reggio Emilia: Lo Scavo in Piazza. Una casa, una strada, una città (fino al 31 agosto) che «documenta la storia di un quartiere suburbano, alla luce degli scavi archeologi­ci in piazza della Vittoria», mentre La buona strada. Regium

Lepidi e la via Aemilia (23 novembre-8 aprile), documenter­à «la fortuna della strada dagli antefatti in età preromana sino al Medioevo e riporta l’attenzione ancora una volta sulla figura del suo costruttor­e». Tra gli eventi parmigiani ecco invece le visite guidate «Fondazione Città di Parma 183 a.C.» sulle tracce della Parma romana; gli incontri de Il Battistero si svela, dedicati a uno dei monumenti simbolo della città; la mostra Archeologi­a e alimentazi­one nell’eredità di Parma romana (2 giugno-16 luglio curato dal gruppo archeologi­co Vea alla galleria San Ludovico), che ripercorre­rà le origini della cultura alimentare parmense.

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