Corriere della Sera - La Lettura

Cees Nooteboom

La Germania occuperà il vuoto lasciato da Londra. Sono un idealista, ma l’Ue è nata dall’avidità. È la paura che alimenta i nazionalis­mi

- Dalla nostra inviata a Venezia CRISTINA TAGLIETTI

«Dobbiamo parlare di Trump? Ma è la persona meno poetica che conosca e io vorrei parlare di poesia». Si finisce sempre a vivisezion­are l’attualità con Cees Nooteboom, grande vecchio della letteratur­a olandese («ho 83 anni, ma mi rendo conto della mia età soltanto quando, qui a Venezia, prendo il vaporetto e mi devo aggrappare per non cadere»), e instancabi­le viaggiator­e. Nel quieto giardino dello splendido Hotel Bauer alla Giudecca, in un convento del XVI secolo progettato da Andrea Palladio, lo scrittore, molto conosciuto anche in Italia grazie all’editore Iperborea, parla di letteratur­a e di Europa. Il Vecchio Continente l’ha girato in lungo e in largo, fin da quando, diciottenn­e, visitò il primo Paese straniero, il Belgio. «E poi l’Italia, in autostop. Ero giovane, povero, avevo vissuto la Seconda guerra mondiale, gli anni in cui tutto era grigio, buio, triste. Per la prima volta viaggiavo verso Sud, dove c’era la luce, come ci insegna Goethe». Ora, invitato dal festival Incroci di civiltà, si aggira per le calli con un taccuino. Sta scrivendo un libro su Venezia, ma, dice, «quando faccio sul serio devo sedermi alla scrivania, chiudere le porte e lavorare come tutti gli altri. Sono stato a Oxford, in Mississipp­i, nella stanza di Faulkner: sul muro aveva un programma rigido, quello che doveva scrivere era tutto suddiviso, giorno per giorno. Per me non è cosi. Mi siedo e non so che cosa scriverò. A volte mi viene l’idea, come se ricordassi tutto. Mi è successo con La storia seguente, per esempio. Ma bisogna aspettare il momento giusto e non sai quando verrà. È pericoloso: se sei pigro non arriva mai». A Venezia Nooteboom è stato molte volte: «Ma sempre in un sestiere diverso».

Lei ha pubblicato poesie, romanzi, racconti, saggi, taccuini di viaggio. Ma ha scritto anche un breve testo sull’Europa.

«Sì, quindici anni fa. Ma è la poesia il genere che sento più mio. Anche uno degli autori più importanti della letteratur­a olandese, Louis Couperus, scriveva poesia, romanzi, prose di viaggio. Diceva che bisogna intingere la penna in inchiostri diversi. Il mese scorso ci sono state le elezioni in Olanda e le television­i spagnole volevano un commento da me. Ma io sono un poeta! Come cittadino ho certe convinzion­i, ma non voglio essere come Gesù nel tempio».

Però è noto che lei sia sempre stato un grande sostenitor­e dell’Unione Europea.

«E lo sono ancora. Ma forse devo abituarmi al fatto che le cose stanno cambiando. Sono stato troppo idealista? È possibile, ma non ne sono sicuro. Oggi l’Europa ha molti nemici. A tutti loro, ai populisti, agli scettici io

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