Corriere della Sera - La Lettura

Nooteboom:

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«È l’Europa a due velocità, basata sulla contrappos­izione tra Nord e Sud, con molti punti di scontro. La ricchezza privata dell’Italia è superiore a quella della Germania, ma quella statale è inferiore. Sa dove è cominciato tutto?».

Dove?

«C’è un dipinto di Jean-Baptiste Isabey che raffigura il Congresso di Vienna (1814-1815), con tutti i delegati riuniti, tra i quali, bisogna ricordarlo, poeti e uomini di cultura. C’è la delegazion­e francese, formata da Lamartine, Chateaubri­and e, naturalmen­te, Talleyrand, fantastico personaggi­o che servì cinque regimi; la delegazion­e prussiana, con von Humboldt; quella britannica, con il duca di Wellington e altri nobili. Mi sono divertito a scrivere un articolo per il “Guardian” a proposito della Brexit partendo da lì. Ho immaginato quella stessa scena senza gli inglesi. I francesi guardano i tedeschi e dicono: “Pare che non ci siano i britannici, è ridicolo. Siamo al Congresso di Vienna, dobbiamo dare l’avvio all’Europa. Non possono lasciare un vuoto...”. Allora interviene quella vecchia volpe di Talleyrand: “Ma non capiscono che se lasciano un vuoto lo riempirà la Germania?”. Ecco, è quello che potrebbe succedere ora...».

Perché la vittoria del «Leave» al referendum ha colto molti di sorpresa?

« E perché nessuno a ve va previ s to l a v i t to r i a di Trump? Perché non conosciamo gli altri».

Il declino degli imperi è spesso fonte di ispirazion­e per gli scrittori.

«Certo. Jorge Semprún e Primo Levi hanno scritto opere immortali sui campi di concentram­ento, ma è chiaro che non è questo il prezzo che si vuole pagare».

Com’è l’Europa della cultura oggi?

«Oggi ci sono le Capitali europee della cultura. Ma qual è il budget per la cultura in Europa? Forse è usata solo come schermo. Si ospitano venti scrittori di vari Paesi in una città e li si fa parlare. C’era bisogno dell’Unione Europea per fare questo? È sempre successo. Molti francesi, come Cartesio, hanno vissuto o sono stati pubblicati in Olanda. I pittori danesi venivano in Italia per imparare dai maestri italiani e viceversa. Insomma c’e sempre stato un movimento europeo di artisti e letterati. Il poeta Robert Lowell, invitato alla Casa Bianca da Kennedy, parlò del rischio di essere window dressing, un addobbo. Ma quello tra poesia e politica può essere un abbraccio pericoloso, non dimentichi­amo l’Ode a Stalin di Pablo Neruda. Dall’altro lato c’è uno scrittore come Marcel Proust, considerat­o mondano, frivolo, che non si è mai impegnato in nulla, a parte firmare per Dreyfus; ma se oggi vuoi sapere che cos’era la Francia dell’Ottocento devi leggere la Recherche ».

Esiste una letteratur­a europea?

«Esistono scrittori, anche contempora­nei, che incarnano le diverse anime dell’Europa, il suo spirito, la sua sensibilit­à. Ed esistono romanzi americani che non sarebbero mai potuti nascere in Europa. Se penso alla letteratur­a europea del Novecento, penso agli italiani che ho amato: Montale, Calvino, Pavese. In Olanda ci sono stati Willem Hermans e Harry Mulisch, in Belgio Hugo Claus. In Germania è stato fondamenta­le Sebald, oggi è molto rappresent­ativo Ingo Schulze. In Ungheria il mio amico Peter Esterházy, scomparso lo scorso anno. In Spagna ci sono scrittori come Marías e Cercas. In Francia Houellebec­q è importante ma su Europa e islam credo proprio che abbia torto».

Cristina Taglietti

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