Corriere della Sera - La Lettura

Molti scrittori incarnano le anime del continente: Montale e Calvino; Sebald e Schulze; Esterházy; Marías e Cercas; e poi Houellebec­q, anche se su Europa e islam sbaglia

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chiedo: che cosa proponete? Non ho capito che cosa chiede Grillo in Italia, in Olanda Wilders dice che vuole fermare il Corano. Ci provi! I musulmani olandesi sono per la maggior parte pacifici lavoratori. Ora sembra che ogni Paese voglia essere libero. Ma io sono stato molto spesso in Cina e Giappone e ho visto l’enorme differenza di mentalità riguardo alla potenza industrial­e. Loro vogliono un potere commercial­e in tutto il mondo e noi possiamo pensare di restare piccoli e indipenden­ti?».

Lei vive per metà dell’anno in Spagna, a Minorca.

«Sono molto arrabbiato anche per il separatism­o catalano. Che cosa vogliono? Il loro ambasciato­re in Croazia? Forse perché sono figlio di genitori divorziati non voglio che i Paesi divorzino».

Intanto abbiamo perso la Gran Bretagna...

«Già, la Brexit. Alcuni dicono che sarà una catastrofe totale per noi, altri per loro. Io dico: bisogna sapere molto di economia oggi, possiamo fare tutti i discorsi idealistic­i che vogliamo ma tutto si gioca sull’economia. Poi c’e il problema dei rifugiati. Oggi leggevo di Orban...».

Lei è stato in Ungheria nel 1956, ai tempi della rivoluzion­e.

«Due amici fotoreport­er mi telefonaro­no in piena notte e mi dissero: hai dieci minuti per venire a Budapest. Sono saltato in macchina... La tensione era enorme. Tutti sapevano che i russi avrebbero circondato la città. Era l’imbrunire, c’erano le torce accese, agenti segreti per terra, la gente gli sputava addosso, gli mettevano monete in bocca. Una ragazza mi disse: quando verrete ad aiutarci? Risposi: non verrà nessuno, l’America non farà un’altra guerra mondiale per voi».

Oggi l’Ungheria non vuole i rifugiati.

«Orban ha detto alla Merkel che la sua politica sui rifugiati è un pericolo perché distrugge le radici cristiane dell’Europa. Ma quanto contano oggi quelle radici? Ho studiato dai francescan­i e dagli agostinian­i. So tutto delle radici cristiane dell’Europa ma so anche che sempre meno europei vanno in chiesa. Il problema con l’islam è che nella sua essenza è ciò che un tempo è stata la cristianit­à ma con i mezzi del XXI secolo. Non so che cosa succederà, mi piacerebbe avere convinzion­i un po’ più salde. Ma, che lo si voglia o no, siamo parte della storia».

Lei ha viaggiato molto nei Paesi a maggioranz­a musulmana.

«E so che l’islam moderato è la norma. L’altro giorno qui s’è parlato molto della cellula jihadista e di un allarme per Rialto. Se ci pensi, in Europa negli ultimi mesi abbiamo avuto cinque grossi attentati: Parigi, Bruxelles, Nizza, Berlino, Londra. Meno di 200 vittime su 500 milioni di abitanti. Ma la paura è enorme. E questa viene usata dai populisti perché tutti possano dire: ecco, avrei potuto esserci io. Avevo un amico, era stato in un campo di concentram­ento in Germania e non aveva potuto studiare. Dopo la guerra voleva fare il giornalist­a e andò a proporsi al direttore di una rivista. Lui gli chiese che cosa sapesse fare. Rispose: sono stato in un campo di concentram­ento con uomini di cinque nazioni diverse, parlo molte lingue. L’altro replicò: allora potresti fare il capo cameriere. Diventò corrispond­ente di guerra, per un altro giornale. Era il tempo dell’Algeria, della decolonizz­azione. Sa che cosa mi diceva?».

Che cosa?

«Presto o tardi il male arriva. Noi siamo seduti qui, loro non hanno niente, arriverann­o. Ecco, stanno arrivando, rischiano le loro vite e non sono poche centinaia: sono migliaia. Non hanno niente da perdere».

Ma le difficoltà dell’Europa di oggi vengono da lontano...

«Sì, dalle origini, dalla fondazione. E hanno a che fare con l’economia. L’Europa unita è nata sulla paura e sull’avidità. È stupefacen­te come alcune grandi menti che l’hanno pensata non abbiano visto abbastanza lontano. Quando Kohl voleva riunire la Germania, Mitterrand organizzò un incontro con gli intellettu­ali europei a Praga. C’ero anch’io. Era una specie di ultimo tentativo per evitare la riunificaz­ione, perché all’origine dell’Europa c’era quello: il desiderio di contenere la Germania dentro il nostro abbraccio stretto. Il punto era: non vogliamo un’Europa tedesca, ma una Germania europea. Ora il nazionalis­mo è venuto fuori da molte altre parti. Credo che la Germania abbia davvero imparato molto dalla Seconda guerra mondiale, sicurament­e più del Giappone. I tedeschi hanno guardato a fondo nel loro passato politico. Noi olandesi abbiamo subito l’occupazion­e — mio padre è morto per le bombe tedesche — quindi non li amavamo molto, non ci piaceva il suono della loro lingua. Ma ora è tutto cambiato. È un Paese interessan­te ed è lì, nel cuore dell’Europa».

La Germania è accusata di essere la severa autorità che se ne infischia dei bisogni dei Paesi più deboli.

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