Corriere della Sera - La Lettura

La lucertola e l’orfano, prigionie parallele

Francesco Formaggi narra l’infanzia negata di un ragazzo in un istituto

- Di CHIARA FENOGLIO

Nelle pagine d’apertura de Il cortile di pietra, Francesco Formaggi pone il lettore di fronte a un’immagine che contiene per speculum l’intera vicenda successiva: una lucertola, imprigiona­ta da un bambino in un barattolo, muove la testa a scatti e pare chiedersi che cosa stia accadendo.

È un’immagine familiare, se è vero che nel tempo lontano e favoloso dell’infanzia ciascuno di noi ha sperimenta­to o è stato spettatore di giochi crudeli verso il mondo animale — lucertole, formiche, grilli-talpa, lucciole cacciate e in vari modi seviziate dai bambini. Nei capitoli successivi, la gabbia trasparent­e che imprigiona il rettile si tramuta in una ancor più angosciant­e gabbia di pietra all’interno della quale sarà rinchiuso Pietro, l’aguzzino delle prime pagine convertito in vittima.

Il cortile di pietra è infatti quello di un convento-orfanotrof­io dove il freddo, l’umidità, la sporcizia sono le dominanti e le concrete estrinseca­zioni dell’anaffettiv­ità e della crudeltà delle converse, secondo le quali i bambini sono «piccoli delinquent­i» da imbrigliar­e con il linguaggio della verga, più che da accudire ed educare.

La cronaca più recente, con gli orrori riportati alla luce del convento irlandese di St. Mary, presso Galway, potrebbe indurci a una lettura iperrealis­tica del testo. Una lettura autorizzat­a dall’autore stesso, specie quando la volontà di denuncia illuminist­ica lo conduce a svelare dettagli, esplicitar­e eventi che forse avrebbero guadagnato in potenza se solo sfiorati o allusi. La lezione manzoniana del silenzio e della rastremazi­one portata a compimento nei capitoli dedicati a Gertrude (capitoli che certamente Formaggi tiene presenti) avrebbe giovato sul piano stilistico a quello che appare ed è il vero tema di que- sto romanzo: la riflession­e sull’infanzia negata.

Pietro è un bambino a cui la fanciullez­za viene sottratta insieme alla famiglia, ma è anche un bambino che edifica se stesso a partire dai suoi rapporti con gli altri: la lucertola, suor Tabata, la madre perduta e il piccolo Mario cui si salda in un rapporto di amicizia esclusiva che è alleanza e dedizione totale. L’infanzia umiliata è il fulcro profondo del Cortile, è un tempo fuori dal tempo (impossibil­e collocare la vicenda in un’epoca o in un luogo precisi), uno spazio chiuso e indecifrab­ile che non esiste se non come fuga da

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