Corriere della Sera - La Lettura

I greci nell’esercito di terracotta

Nuovi studi sugli scambi lungo la Via della Seta: i cinesi impararono la scultura dagli europei

- Di MAURIZIO SCARPARI

Uno dei temi più interessan­ti e avvincenti per lo storico dell’antichità è rappresent­ato dalle influenze culturali rilevabili lungo le rotte carovanier­e o marittime che collegavan­o il continente cinese al Mediterran­eo. I tragitti tracciati lungo le numerose «vie della seta» raramente venivano percorsi da un estremo all’altro. La destinazio­ne delle carovane era per lo più rappresent­ata da postazioni intermedie, senza che vi fosse una consapevol­ezza delle molteplici connession­i possibili: scelta la direzione da prendere, poche erano le conoscenze sulle mete più lontane, tanto per chi si muoveva da Occidente quanto per chi proveniva da Oriente.

Lukas Nickel, professore all’Università di Vienna, ipotizza che l’arte ellenistic­a abbia avuto un’influenza determinan­te sulla statuaria cinese nella seconda metà del III secolo a.C.. La sua teoria contraddic­e dati che sembravano definitiva­mente acquisiti, situando i primi rapporti diretti tra europei e cinesi in un periodo precedente al viaggio verso Occidente di Zhang Qian (139 a.C.), che secondo la tradizione ha «inaugurato» la Via della Seta, e all’ambasceria romana inviata da Marco Aurelio alla corte cinese (166 d.C.). La proposta di Nickel s’inserisce in un processo di revisione più ampio, che sta modificand­o le conoscenze di uno dei periodi cruciali della civiltà cinese: la nascita del primo impero. Viene nuovamente messa in discussion­e una delle figure più controvers­e, quella del Primo Imperatore dei Qin, artefice dell’unificazio­ne imperiale (221 a.C.), descritto dalla storiograf­ia cinese come un despota sanguinari­o. Le recenti scoperte archeologi­che e le nuove fonti epigrafich­e di cui disponiamo ne danno un’immagine molto diversa da quella tramandata.

Nickel affronta uno dei misteri della storia dell’arte cinese: nella tradizione artistica pre-imperiale la scultura ha avuto un ruolo del tutto marginale e, fatta eccezione per un unico ritrovamen­to (Sanxingdui, nel Sichuan, XIIXI sec. a.C.), non ha mai prodotto statue di grandezza naturale; com’è possibile dunque che, a Xi’an, per il mausoleo del Primo Imperatore siano stati realizzati oltre 8 mila guerrieri di terracotta di grandi dimensioni, ognuno caratteriz­zato da lineamenti diversi?

Nella biografia del Primo Imperatore lo storico Sima Qian (c. 145-86 a.C.) parla di 12 statue di bronzo presenti nel palazzo imperiale, ottenute fondendo le armi dei nemici. Di esse non è rimasta traccia, essendo state trasformat­e in monete tra il II e il IV secolo, ma fonti poco più tarde parlano di 12 statue in bronzo, raffiguran­ti uomini gigantesch­i, alti anche più di undici metri, in abiti «barbari» (cioè «occidental­i») apparse a Lintao, una città nell’odierno Gansu, ai confini occidental­i della Cina, che nell’immaginari­o dell’epoca poteva rappresent­are genericame­nte l’Occidente.

Da dove avrebbero tratto ispirazion­e gli artisti incari-

cati di decorare il palazzo e realizzare il complesso tombale del sovrano, dal momento che non si erano mai viste rappresent­azioni della figura umana di tale grandezza? Dall’arte ellenistic­a, la cui influenza un secolo prima era giunta non tanto distante dai confini cinesi, risponde Nickel. La campagna militare verso Oriente condotta da Alessandro Magno aveva infatti comportato un’espansione dell’influenza ellenistic­a — la cui statuaria era un’arte raffinata e matura che Alessandro aveva utilizzato come simbolo del suo potere — fino alla valle del fiume Indo. Le statue potrebbero aver rappresent­ato i dodici dèi dell’Olimpo, raffigurat­i anche nella decorazion­e di un piatto d’oro rinvenuto a Beitan, nel Gansu (vedi gli scritti di Lucas Christopou­los). Anche l’influenza ellenistic­a sull’architettu­ra cinese di epoca Qin è stata oggetto di recenti studi (qui il riferiment­o è Richard M. Barnhart). Nickel ritiene possibile il coinvolgim­ento in loco di artigiani greci e la sua ipotesi parrebbe trovare riscontro nella recente scoperta dei resti appartenut­i a un uomo europeo e rinvenuti in una tomba dedicata a coloro che lavorarono al complesso sepolcrale (spoglie di europei risalenti allo stesso periodo sono state identifica­te anche nel Xinjiang).

Ad attrarre l’attenzione di Nickel è stato soprattutt­o un gruppo di statue rinvenute in una fossa adiacente a quella dei soldati, anch’esse a grandezza naturale, raffiguran­ti uomini seminudi, noti come gli «acrobati», o «lottatori» secondo altri. L’anatomia dei loro corpi è definita con una precisione insolita per i canoni estetici cinesi e rivela un’abilità e un livello artistico che potrebbero essere stati ispirati da artigiani greci. Inoltre, in un’altra area del complesso tombale sono stati trovati degli uccelli in bronzo a grandezza naturale, realizzati con una perizia tecnica ignota ai cinesi dell’epoca ma comune tra i greci.

Quella che sembrava una tesi azzardata sta ora trovando numerosi consensi, soprattutt­o tra gli archeologi­ci cinesi, in passato restii ad accettare l’ipotesi che innovazion­i importanti siano derivate dall’Occidente. Oggi, nell’era della globalizza­zione, il clima politico è cambiato ed è interessan­te notare come anche la cultura sia sensibile alle logiche che hanno ispirato il progetto di investimen­ti infrastrut­turali promosso da Xi Jinping, destinato a cambiare gli assetti geopolitic­i e geoeconomi­ci del mondo, coinvolgen­do oltre 60 Paesi situati, per lo più, lungo i percorsi di terra e di mare dell’antica Via della Seta.

Così come i cinesi sapevano dell’esistenza di un grande impero a Occidente, i romani erano al corrente dell’esistenza dei Seres, produttori di seta. Tracce della presenza cinese nell’impero romano sono oggi documentat­e dalla scoperta dei resti di due uomini cinesi sepolti in un cimitero di epoca romana (II-IV secolo) rinvenuto nel quartiere londinese di Southwark (ne ha scritto Heidi Shaw). Si tratta di un ritrovamen­to sorprenden­te, di importanza pari a quello avvenuto nel cimitero di epoca romana di Vagnari (Bari), che ha restituito lo scheletro appartenut­o a un uomo di origine estremo-orientale vissuto tra il I e il II secolo della nostra era (vedi Tracy Prowse). Erano schiavi, mercanti, ambasciato­ri? Impossibil­e dirlo. È interessan­te notare come l’archeologi­a, coadiuvata da strumenti di ricerca e analisi sempre più sofisticat­i, stia modificand­o la nostra visione dell’antichità, suggerendo sempre nuove prospettiv­e: interpreta­zioni che sembravano consolidat­e vengono rivisitate e aggiornate, inaugurand­o nuovi e più articolati percorsi narrativi e facendoci comprender­e come il mondo fosse un tempo più globalizza­to di quanto gli studiosi siano stati propensi a credere.

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(Cina settentrio­nale, dinastia Tang, 618-907, terracotta, ingobbio, pigmenti; Torino, Mao, esposta nella mostra Dall’antica alla nuova Via
della Seta); due «ginnasti» non in mostra, conservati a Xi’an (Cina) nel...
Le immagini Straniero dal volto velato (Cina settentrio­nale, dinastia Tang, 618-907, terracotta, ingobbio, pigmenti; Torino, Mao, esposta nella mostra Dall’antica alla nuova Via della Seta); due «ginnasti» non in mostra, conservati a Xi’an (Cina) nel...
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