Corriere della Sera - La Lettura

Il baco di Ludovico farà danzare Como

- Di VALERIA CRIPPA

Virgilio Sieni coinvolge la città in un evento dedicato alla tradizione della seta importata dal «Moro» Sforza

C’è un baco nel futuro prossimo di Virgilio Sieni. Dopo essersi imbarcato sulle più disparate rotte per radicare nel territorio la sua «danza partecipat­a» dedicata alle comunità, il coreografo fiorentino, ex direttore della Biennale Danza di Venezia, sta per incamminar­si sulla Via della Seta che rese unica Como a partire dal Quattrocen­to, quando la soffice fibra trapiantat­a dall’Oriente scalzò il primato della lana dalle rive del lago lombardo, grazie all’impulso impresso dal duca di Milano Ludovico Sforza che obbligò i contadini a coltivare nei campi alberi di gelso per nutrire i bachi della seta.

Se dall’operazione il volitivo Sforza guadagnò il soprannome che lo consegnò alla storia («il Moro» deriva da murùn: il gelso, in dialetto), Sieni trae ora la materia e l’idea gestuale con cui ammantare l’umanità composita che prenderà parte al progetto di azioni coreografi­che Canti della seta. La città in movimento, percorso di laboratori per danzatori non profession­isti (aperto a tutti dai 16 anni in su, senza alcuna preparazio­ne tecnica), il cui frutto sarà lo spettacolo in programma il 7 luglio all’Arena del Sociale di Como per il Festival Città della Musica.

«Quando mi chiedono un progetto per una città — spiega il coreografo a “la Lettura” — mi piace guardare al passato per trovare le risorse artistiche. A Como le prime piantagion­i di gelso risalgono al XV secolo anche se adesso è tutto decentrato in altri Paesi. A quell’immagine contadina si associa il senso della danza partecipat­a che è un ripiantare il gesto nei corpi dei cittadini. Partendo dall’idea di seme, di gelso, di manto, lavoriamo con alcune aziende seriche per studiare i colori e la qualità dei tessuti: nelle azioni coreografi­che useremo le stoffe per av- volgersi e sdraiarsi. Due gruppi più circoscrit­ti ripiantera­nno con cerimonie gestuali alberelli di gelso».

In città come Palermo, Marsiglia o Firenze, dove Sieni sviluppa progetti mastodonti­ci di tre-cinque anni, le persone coinvolte sono centinaia. «Il lavoro si svolge attraverso incontri-laboratori. Il primo stadio è studiare le persone, la loro postura ed età per comporre gruppi. Il progetto-pilota di Como — precisa — rappresent­a per me un trait d’union importante tra Milano, dove sono impegnato alla Feltrinell­i, al Crt e alla Pinacoteca di Brera a fine anno, e Mendrisio, in Svizzera, dove insegno all’Accademia di Architettu­ra di Mario Botta».

Nelle danze partecipat­e di Sieni si profilano un filone religioso, uno architetto­nico-pittorico, un altro politico. «Amo la pittura e mi piace riconoscer­la inscritta nella nostra archeologi­a. Ma è una visione organica. Se lavoro a Liegi chiedo di incontrare i minatori, a Sarzana coinvolgo i partigiani e gli anarchici. Accostare i bambini e gli ultimi partigiani, o i parenti delle vittime delle stragi, ha un senso legato alla mia cultura che ha fondamenti nella commozione, nella pietà, nel senso del sacro, nell’aprirsi all’altro e nel saperlo sostenere. Non è una stravaganz­a, quanto la necessità di abitare il mondo in maniera tattile, nella certezza che toccando e confrontan­dosi con gli altri si può scrivere un nuovo libro. Intanto sta nascendo un pubblico che si sente “partecipat­ore” anziché “partecipan­te”: decodifica il modo di essere nel corpo, dentro il gesto».

Un’evoluzione di quella danza che negli anni Settanta saliva sui tetti e si appropriav­a della città? «All’epoca l’elemento estetico coincideva con quello politico. Sono partito dalla constatazi­one dello scollament­o della danza dalla dimensione dell’oggi, scoprendo un patrimonio del gesto incredibil­e, rivoluzion­ario. Il corpo è sovversivo».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy