Corriere della Sera - La Lettura
I pennelli dell’ultimo dei mohicani che fece per Faust mille metri di tela
L’ultimo dei mohicani. O uno degli ultimi. Sopravvissuto insieme a pochi altri alla trasformazione tecnologica che ha rimpiazzato i vecchi fondali di scena con proiezioni e gigantografie stampate. Franco Troiani a 72 anni li realizza ancora a mano, anche se oggi svolge con maggiore parsimonia quel lavoro che fino a qualche anno fa lo impegnava anche 18 ore al giorno. Artista molto apprezzato nel suo settore, ha cominciato a 21 anni al Teatro Stabile dell’Aquila (poi diventato Teatro Stabile D’Abruzzo): «Mi ero diplomato alla Scuola d’Arte dell’Aquila e l’ex preside mi chiese di fare qualche lavoretto per il teatro, di cui era il responsabile artistico. Accettai con entusiasmo e mi ritrovai nel piccolo laboratorio dello Stabile come aiuto, a costruire scene e a montarle sul palco. Dopo un anno ebbi il primo contratto a tempo determinato. Quello fisso arrivò nel 1970, quando fu aperto un laboratorio nuovo e più grande, attrezzato per lavori in legno, ferro e naturalmente pittura». Più tardi, anche il nuovo laboratorio venne chiuso e Troiani fu impiegato presso quello convenzionato con l’Ente. Nel suo fittissimo curriculum ci sono scenografie di artisti importanti come quella di Emanuele Luzzati in una rielaborazione del Faust di Aldo Trionfo in cui realizzò più di mille metri quadrati di tela, elementi scenici in stile quattrocentesco e spettacoli di Gigi Proietti, per il Veneto Teatro e per lo Stabile di Torino. Da ricordare? «Un grande allestimento di una Carmen su bozzetti di Giuseppe Crisolini Malatesta per conto dell’Opera di Roma, che debuttò a Tokyo e in cui risolvemmo brillantemente alcune situazioni molto critiche». L’allestimento fu un successo, i giapponesi rimasero sbalorditi davanti all’ennesima prova di inventiva italiana.