Corriere della Sera - La Lettura

Su un’isola sbarca un naufrago

- Di ITALO CALVINO

Un naufrago raggiunge un’isola deserta, unico scampato. Ha con sé solo pipa e tabacco. Dal relitto faticosame­nte recupera provviste, rum, armi, munizioni (andrà a caccia d’uccelli e capre), ascia e sega (costruirà un fortino), chicchi di grano (seminerà e raccoglier­à). Trova anche denaro («A che servi?», ma lo prende), penne inchiostro e carta; tre Bibbie; cani e gatti. Si fa un tavolo, una sedia, si mette a scrivere: un bilancio della sua sorte in due colonne, il male e il bene che lo compensa, per cui ringrazia Iddio. Fa tutto da sé: reinventa l’agricoltur­a, fa il vasaio; si veste di pellicce. Ha un pappagallo, sola voce amica. Dopo 15 anni di solitudine (anelando ritrovare i suoi simili) una scoperta lo terrorizza: l’orma d’un piede sulla sabbia! Tribù sogliono sbarcare a celebrare riti cannibalic­i. Sparando, salva una futura vittima. Il selvaggio Venerdì riconoscen­te diventa suo suddito: lavora obbediente la terra; studia il Vangelo. Altre vittime liberate poi: il padre di Venerdì e un bianco (ma spagnolo, dunque nemico: altro pericolo!). Sbarcano finalmente degli inglesi; portano prigionier­i legati (Venerdì crede anche i bianchi cannibali); sono marinai ammutinati. Gli ufficiali, salvati, recuperano la nave: dopo 28 anni Robinson lascia l’isola.

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