Corriere della Sera - La Lettura

Le ragazze e la matematica

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Donne in minoranza nella scienza, tecnologia, ingegneria, matematica (Stem). Perché? Se ne parla il 19 aprile (16.30, Caffè Garamond, Pad. 4) con G. Pezzuoli, curatrice di 100 donne contro gli stereotipi della scienza (Egea), C. Burberi

le news. La considera una battaglia vinta?

«A fine 2016 avevamo più di 1,6 milioni di abbonati digitali, con la carta e altre sottoscriz­ioni forniamo informazio­ni di qualità a tre milioni di utenti a pagamento. Non ci interessa combattere per massimizza­re il numero delle pagine viste online: la pietra angolare sulla quale costruiamo il futuro dell’azienda è quella degli abbonament­i. Le pagine viste, un parametro sicurament­e significat­ivo, non sono la misura del successo. Per il futuro del “Times” un articolo meno visto ma che dà al lettore l’impression­e di poter trovare da noi informazio­ni che non avrà da nessun’altra parte vale più di contenuti divertenti che diventano virali, ma non attirano abbonati».

In effetti il numero di abbonati digitali del «New York Times» è in continua crescita, addirittur­a mezzo milione in più nel 2016: è da qui che arrivano le entrate necessarie per compensare il crollo degli introiti pubblicita­ri, dimezzati in meno di dieci anni. Ma, a dare una forte spinta al giornale e a tutta l’informazio­ne progressis­ta di qualità negli ultimi mesi è stato il fenomeno Trump: la sua elezione, l’imporsi di una retorica populista che distorce i fatti, la diffusione delle fake news, hanno ridato centralità agli organi d’informazio­ne più strutturat­i e con le «spalle forti».

Il direttore esecutivo del «New York Times», Dean Baquet, non nasconde affatto questa realtà, anzi la esalta: «Trump è la migliore cosa che sia mai capitata alla nostra strategia degli abbonament­i. E la missione dei “media” profession­ali non è mai stata così chiara come in questi mesi convulsi. C’è più bisogno che mai di canali affidabili, di strumenti capaci di andare in profondità». I risultati si vedono a occhio nudo: il «Times» ha raccolto 267 mila nuovi abbonament­i nelle prime sei settimane della presidenza Trump.

Mister Kahn, non c’è il rischio di basare un po’ troppo la vostra strategia sull’effetto prodotto da questo involontar­io «testimonia­l»?

«È vero che con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca è aumentata la sensibilit­à del pubblico per il giornalism­o di qualità, ma, anche al netto di questa recente impannata, dall’introduzio­ne del pay wall, nel 2011, la crescita degli abbonament­i digitali è stata continua, costante, anno dopo anno. È una scommessa che sta pagando».

L’effetto Trump è rilevante anche su un altro fronte, quello della filantropi­a. A differenza di altri che, davanti alla crisi dell’editoria, hanno cercato in passato benefattor­i o soldi pubblici sostenendo che quella della stampa è un’attività socialment­e utile, voi avete sempre puntato a un «business model» praticabil­e. Negli ultimi mesi, però, una vostra iniziativa filantropi­ca, una campagna di abbonament­i digitali al «Times» da regalare agli studenti dei licei pubblici, ha avuto grande succes-

(Redooc) e L. Pronzato («Corriere» e «27esima ora»), autrici de Le ragazze con il pallino per la matematica (Libromania), A. Berto, (Technology Solution Profession­al Microsoft Italia), moderate da K. Nahum (De Agostini).

so: un milione di abbonament­i acquistati da benefattor­i e donati a queste scuole. Trump vi fa rivalutare anche il ruolo della filantropi­a?

«Sicurament­e ci sono nuove opportunit­à anche sul fronte del “non-profit”. È una strada già battuta da tanti, da “ProPublica” al “Marshall Project” del nostro ex direttore Bill Keller: un sentiero che ora può essere allargato».

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