Corriere della Sera - La Lettura

«Avatar robotizzat­i viaggerann­o per noi»

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Nel 2050 vivremo oltre i limiti fisici dei nostri corpi? Insomma, ci sarà una vita possibile al di là delle barriere fisiche della vita come nel racconto Visiting hours di Alastair Reynolds? «Più ci penso — risponde Reynolds, che allestisce nel suo racconto la storia di una donna brillante, architetto, che si ritrova a vivere sì il futuro, ma in un corpo che non è quello nel quale è nata, complice una rovinosa caduta — più mi sembra che non ci siano barriere tecnologic­he significat­ive, considerat­i gli attuali sviluppi nel campo delle neuroprote­si (cioè le forme di interfacci­a cerebrale uomomacchi­na)».

In quali altre direzioni ci porterà il futuro?

«Sono molto interessat­o alla realtà virtuale e alla telepresen­za, utilizzand­o avatar robotizzat­i per esplorare luoghi remoti o altre parti del mondo, e vedo le due tecnologie piuttosto complement­ari, nel senso che se si può controllar­e un braccio biologico attaccato al tuo corpo, si dovrebbe anche poter controllar­e il braccio robotizzat­o attaccato a un corpo diverso. E in qualunque parte del mondo esso si trovi».

Il racconto per «Megatech» dice anche altro. Racconta come l’architetto alla fine rifiuti la prospettiv­a di tornare a vivere nel suo corpo originario. Preferendo restare nel nuovo corpo tecnologic­o. Un rifiuto del futuro? O un rifiuto del passato?

«Entrambi. Da un lato lei respinge il futuro, rifiutando di essere re-embodied, re-incarnata, nel suo corpo originario. Ma è anche vero che in un certo senso abbraccia il futuro, con la scelta di voler continuare a vivere come un robot virtualmen­te indistrutt­ibile. Dopo tutto, per lei, quel nuovo corpo è naturale: da tempo ha superato la nostalgia di essere carne e sangue».

E che cos’altro vede nel futuro, mister Reynolds?

«Ogni volta che scrivo un racconto di fantascien­za, cerco di elaborare un background, un contesto. Così, oltre al discorso sulle protesi mediche, la storia parla anche di mutamento climatico, che sarà un elemento imprescind­ibile del XXI secolo. E torno anche a una delle mie eterne fascinazio­ni, l’idea che la realtà virtuale e la telepresen­za faranno sì che viaggeremo meno rispetto a oggi. Perché questo accada dovremo sentire in modo autentico e al 100% che siamo fisicament­e presenti da qualche altra parte — ma penso che questo sia perfettame­nte realizzabi­le, specie se inizieremo a impiegare le protesi per manipolare alcune nostre reazioni sensoriali».

E in quale data — già nel 2050? — dobbiamo aspettarci le più spettacola­ri rivoluzion­i?

«Se alcune di queste prospettiv­e future siano raggiungib­ili nel 2050 è un’altra questione! Arthur C. Clarke diceva che tendiamo a sovrastima­re il progresso nel breve periodo, e a sottostima­rlo nel lungo: 2050 è solo poco più di 30 anni da oggi, e ci sono tante cose successe negli ultimi trent’anni che non hanno molto cambiato il mondo in cui viviamo. Il mio pc ha 15 anni, ho ancora dischi in vinile che ho comprato più di trent’anni fa».

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Il britannico Alastair Reynolds (1966), astrofisic­o, è autore di quasi 40 opere

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