Corriere della Sera - La Lettura
Fotografare la luce di chi non può vedere
Fotografo gli occhi della gente per riscoprire e valorizzare l’unicità di ogni essere umano. Quando ritraggo l’iride sviluppo una conversazione profonda con il mio soggetto che trasferisce in me una traccia della sua vita e che arricchisce la mia anima. Con il mio nuovo progetto Blind Vision ho scelto di calarmi nella dimensione dei non vedenti per cercare di capire cosa si provi davvero ad avere il buio davanti. La prima parte del mio progetto sarà presentata il 27 aprile all’Istituto Colosimo per ciechi di Napoli e la mostra sarà visitabile dall’1 al 31 maggio (www.ipsiapaolocolosimo.it ). All’interno dell’Istituto si potrà scoprire la prima parte del mio progetto, quella rappresentata da un’installazione multimediale con 20 light boxes, 20 scatole di luce, una per ogni protagonista, che inonda il fruitore di quella luce nuova che io stessa ho rilevato negli occhi e nell’anima delle persone non vedenti incontrate, le quali mi hanno donato tracce della loro personalità attraverso dichiarazioni emozionanti incluse nell’opera finale. I non vedenti mi hanno insegnato, e continueranno ancora a insegnarmi perché il mio è ancora un progetto «in corso», che il buio non esiste, perché la luce, prima che fuori, è dentro di noi. Ho pensato così di realizzare una scultura tridimensionale, chiamata Essen
za, che potrà essere percepita anche dai non vedenti e che sarà ispirata a uno degli occhi fotografati a cui manca la pupilla. In questo modo l’assenza (in questo caso della luce) si potrà caricare di presenza, di significato. Proclamando a gran voce che l’essenziale non è nella materia, ma nello spirito, nei sentimenti, nell’energia che muove il cuore di persone che non hanno bisogno di vedere per percepire il mondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA