Corriere della Sera - La Lettura
Io, il dittatore con i piedi d’argilla
Io è un mouse dal filo sconnesso, Io è Dio, Io è il trasformista che ti seduce, Io è appena esploso. Lo hanno smembrato Picasso e Pirandello e Io si è ricomposto in forma di dittatore vanaglorioso. Quanta illusione dietro il pronome che ci rassicura sulla nostra identità, roba da vertigini. Dire «Io» è come fare una promessa di costanza. Domani mi ritroverai dov’ero oggi e, se non mi presento, l’accusa sarà di tradimento. Un’ipoteca ben garantita, un invito alla fiducia.
Menzogne. Io è solo la parola che definisce il centro di controllo dell’azione, ma i manovratori sono soggetti a turni. Ora voglio guardare mio figlio giocare a tennis. Chi guida la macchina verso il circolo? Io, il mio amore per il gioco, o l’ambizione che ho respirato in famiglia? Ora preparo la cena per la mia compagna. Chi profuma il tonno fresco di finocchietto selvatico? Il mio amore per i sapori intensi, complessi, evocativi? O la memoria dei giorni in cui temevo di perdere mia madre e mi attaccavo all’odore del ragù annusato per ore? Chi mi spinge a rubare tempo al gioco, a spenderlo a studiare per scrivere il prossimo lavoro scientifico? Il mio gusto per la scoperta? O ancora il bisogno di soddisfare quelle ambizioni, trascinato da un motore che non si spegne mai?
A giochi conclusi, la sera a luci spente, mi rincuora pensare che Io è tutte quelle parti, un puzzle di quelli con cui i bambini giocano tante volte e alcuni pezzi sono mangiucchiati e non combaciano più e altri sono stati persi, ma l’immagine che ho ricomposto ha ancora sen- so compiuto. Immagino Daniel Dennett dirmi che ho trovato il mio «centro di gravità narrativa».
Nei laboratori di psicoterapia vediamo le malattie dell’Io. L’identità che chiamiamo «diffusa»: scomposta, sfibrata. La chiamiamo personalità borderline, è un caos. Un principio organizzatore è assente e l’azione è guidata da emozioni che scalciano come muli: rabbia, angoscia, tristezza infinita, più rabbia e poi click, si spegne tutto, un vuoto insopportabile, lo sguardo fisso al soffitto bianco. «Un grande amore via l’altro, quello di oggi è più bello, però non ha risposto al telefono e quindi mi sta tradendo, nessun dubbio, e allora chi è lui e chi sono… io?». L’Io borderline è il mouse staccato dalla presa Usb.
L’altro simbolo: l’Io grandioso, la maschera del narcisismo. L’uomo che sbatte se stesso in prima pagina, anela alla grande bellezza, lo specchio che rimanda gloria e superiorità sfacciata. Attenzione, l’Io gonfiato è una misera copertura, protettiva quanto una sciarpetta di seta nel vento di novembre a Oslo. Il Dio, dittatore vanaglorioso, non protegge il suo popolo, si inebria solo di una gloria che imbelletta la corrosione del regno.
La soluzione che guida il mio lavoro: la disciplina dell’azione desiderata. Ascoltare il coro che parla dentro di noi e poi dimenticarlo e poi distinguere quella voce che suona più nostra e allora: agire, con perseveranza. Quando spezio il cibo e sento gli odori che si sprigionano dal soffritto sento di dire Io con una buona ragione.