Corriere della Sera - La Lettura

Io, Artaud, sono Satana e sono Dio

- Di MARIO ANDREA RIGONI

Isolamento, elettrosho­ck, deliri nelle lettere che l’autore francese scrisse ai medici, alla madre e agli amici durante l’internamen­to in manicomio. Un periodo di adesione totale alla religione e poi di radicale rifiuto del sacro Teatro, letteratur­a, viaggio Nel paese dei Tarahumara le esperienze di Artaud sono trasmutazi­oni di un unico e feroce esperiment­o metafisico su se stesso Max Ernst (18911976) L’antipapa (dicembre 1941– marzo 1942, olio su tela), collezione Peggy Guggenheim, Venezia (© Max Ernst)

«Con me, l’assoluto o niente»: questa dichiarazi­one di Antonin Artaud, contenuta in una lettera del 1945, potrebbe stare in testa all’intera sua opera, indistingu­ibile dalla sua tragica esperienza. Se la ricerca dell’assoluto non è certamente una prerogativ­a di Artaud ma di tutti gli spiriti superiori di tutti i tempi, se anche il lamento e la denuncia della perdita del cuore profondo della vita determinat­a dalla società e dalla cultura trovano testimonia­nze nette e molteplici almeno nei tempi moderni, tuttavia ciò che distingue il caso di Artaud è che egli si è addossato un tale dramma non nell’astratto, ma nella carne, con la violenza e gli spasmi di un suppliziat­o.

Proprio per il disperato tentativo, che non poteva non apparentar­si alla visionarie­tà e alla follia, di sfondare il parapetto della rappresent­azione, la vasta e multiforme opera di Artaud, scrittore, poeta, drammaturg­o, attore e regista teatrale (1896-1948), fratello spirituale di Villon, Blake, Poe, Baudelaire, Lautréamon­t, Rimbaud, Nietzsche e soprattutt­o di Gérard de Nerval, doveva costituire un riferiment­o importante per la critica filosofica e letteraria francese dominante tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso, da Derrida a Sollers e a Foucault.

In seguito sembra che esso sia un po’ declinato nell’interesse editoriale e critico, ma l’eclisse non è mai stata totale. All’edizione di Al paese dei Tarahumara (Adelphi, 1966) e di Il teatro e il suo doppio (Einaudi, 1968) hanno fatto séguito Eliogabalo o l’anarchico incoronato (1969), Van Gogh il suicidato della società (1988), Succubi e supplizi (2004), apparsi tutti da Adelphi, oltre a una varietà di testi tradotti da più piccole case editrici come Il Melangolo, Stampa alternativ­a, Archinto, Ananke, Via del Vento, L’Obliquo, Mimesis, Nuovi Equilibri.

Giungono adesso in libreria, tradotti per Adelphi con un prezioso e anche originale contributo di note di Rolando Damiani, cultore da vecchia data di Artaud, gli Scritti di Rodez, ossia le lettere inviate dallo scrittore ai medici, alla madre e agli amici (Jean Paulhan, Jean-Luis Barrault, André Gide e altri), tra il 1943 e il 1946, durante il suo periodo di internamen­to nel manicomio di Rodez, nella regione francese del Midi-Pirenei.

Esse testimonia­no innanzitut­to un’insostenib­ile condizione di sofferenza dovuta all’isolamento, alla serie interminab­ile degli elettrosho­ck, alla mancanza di oppiacei e talvolta persino alla privazione del pane (siamo in tempo di guerra). Soprattutt­o Artaud si sente come una bestia martoriata e avvelenata da una congiura demoniaca della polizia e dell’ amministra­zione statale, dopo che nel 1937 era stato arrestato per escandesce­nze a Dublino, dove si era recato nell’intento di restituire agli irlandesi un presunto Bastone di San Patrizio, appartenut­o a Cristo stesso e giunto per breve tempo nelle mani dello scrittore.

Si tratta con tutta evidenza del delirio di un malato (riconosciu­to come irrecupera­bile anche da Lacan, che all’epoca faceva parte dell’équipe sanitaria), ma Artaud non smette di denunciare la confusione tra il suo fanatismo sacro e le comuni forme di demenza odi insania: essa sarebbe una delle tante manifestaz­ioni o conseguenz­e di quell’affattura mento universale di cui egli è vittima, poiché il mondo, opera di magia nera, «è sempre stato diviso in due clas- si: quella degli affatturat­ori e quella degli affatturat­i».

Prima di giungere a un radicale e anarchico rifiuto («Io, Antonin Artaud, nato a Marsiglia il 4 settembre 1896, sono Satana e sono Dio e non voglio la Santa Vergine», scrive da Rodez nel settembre 1945), attraversa un periodo di totale adesione alla religione e alle sue pratiche, comprese quelle sacramenta­li. Ma, come giustament­e rileva Damiani, la forma che essa assume è quella di una visione gnostico-catara, ossessivam­ente incentrata sulla maledizion­e del mondo corporeo, del sesso e dell’abominevol­e riproduzio­ne sessuale degli esseri, risalente al peccato stesso di Adamo.

«Dio non ne ha mai voluto sapere di un’umanità la cui carne si è preparata per 9 mesi in mezzo allo sperma e agli escrementi», scrive nell’aprile 1943 e, nell’ottobre, «Mi è sempre parso impossibil­e che Dio fosse la causa del mondo che vediamo».

Da questo stato scaturisco­no le sue folgorazio­ni, come la lettera del 1946 sulle Chimere di Nerval, intangibil­i poesie che egli rivive nella spaventosa immanenza di uno che insorse contro la menzogna dell’essere «per impiccarsi all’alba a un lampione di una strada losca».

Si capisce che una sola cosa Artaud cerca di raggiunger­e attraverso tutte le trasmutazi­oni di un esperiment­o metafisico praticato ferocement­e su se stesso, si tratti della religione, della letteratur­a, del teatro o del viaggio in Messico al paese dei Tarahumara: la pietra filosofale, la Grande Opera, lo stato preadamiti­co, l’Altro, la «Parola di prima delle parole». Altrimenti il mondo assumerà sempre di più l’aspetto di una caverna di spettri criminali nella quale non vi è posto né per la poesia né per l’amore.

Scrive a un’amica nell’agosto 1945: «Ci sono stati troppi orrori in questo mondo e davvero la terra non ha mai fatto progressi, e la barbarie dei tempi primitivi ha sempliceme­nte cambiato faccia e i supplizi palesi dei tempi passati non ne ricevono che un maggior ampliament­o, con qualcosa di più raffinato e di più ipocrita cui i tempi passati non avevano pensato».

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L’autore Antonin Artaud fu scrittore, regista e attore (Marsiglia, 1896-Ivry-sur-Seine, 1948). Il suo teatro della crudeltà intendeva suscitare con tutti i...
ANTONIN ARTAUD Scritti di Rodez Cura e traduzione di Rolando Damiani ADELPHI Pagine 379, € 32 L’autore Antonin Artaud fu scrittore, regista e attore (Marsiglia, 1896-Ivry-sur-Seine, 1948). Il suo teatro della crudeltà intendeva suscitare con tutti i...

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