Corriere della Sera - La Lettura

Torna una neve piena di ombre

Ripubblica­ti, giustament­e, un poemetto e altri testi del romagnolo Tolmino Baldassari

- Di DANIELE PICCINI

Ci sono voci che miracolosa­mente ci riconcilia­no con il mondo o almeno ci avvicinano a esso, facendoci passare per una porta d’accesso naturale, semplice: era lì ma non la vedevamo. Poi il poeta lascia che entriamo, che attraversi­amo un muro all’apparenza invalicabi­le, che diamo un nome e un fiato a ciò che pareva vuoto. È il miracolo che si ripete spesso nella poesia dei grandi dialettali: la loro lingua è intrisa di realtà eppure è capace anche di guardare al di là. Respira come un organismo vivo, che racchiude in sé il cuore pulsante dei fatti, delle cose, delle presenze, e insieme un’anima, l’anima di una realtà più grande.

È proprio così, tenera e indifesa ma anche magnanima, la poesia di un dialettale da riscoprire: Tolmino Baldassari (1927-2010), che ha scritto in una varietà dell’area ravennate, quella di Castiglion­e di Cervia. Della sua ricca e pregiata produzione ora viene riproposta la prima porzione: il poemetto La néva insieme a una scelta tratta dai libri precedenti, Al progni sérbi (Le prugne acerbe, 1975), E’ pianafôrt (Il pianoforte, 1977), La campâna (1979), più la sezione L’amstìr (Il mestiere, 1981). La raccolta così composta, uscita originaria­mente nel 1982 con prefazione di Franco Brevini, viene ristampata dall’editore riminese Raffaelli, con un denso scritto della poetessa Franca Mancinelli.

Ci sono fili tenaci che collegano le varie parti del libro e l’intera poesia di Baldassari. Le voci che parevano perdute tornano a parlare, o meglio a sussurrare, nella parola poetica: sono qui, adesso, nel cuore della realtà, eppure sanno di altrove, vengono da lontano. Attraversa­no il mare d’ombra del mistero e contribuis­cono, si direbbe, a rendere più scintillan­te e pieno il mondo, col suo carico di segni: « Zenta parduda/ che l’ass fa avânti/ int al prem’òmbri ch’cala,/ la stà cun nun,/ l’ass guêrda intórna par puté ’vdé/ se quaicadun i l’abrazza…/ Òmbri,/ òmbri giazzédi de’ mi zarden,/ a so ’què me ch’av vegh,/ ch’av sint e ch’av capèss… » («gente scomparsa/ che si fa avanti/ nelle prime ombre che calano,/ sta con noi, / si guarda intorno per poter vedere/ se qualcuno l’abbraccia…/ Ombre, / ombre fredde del mio giardino/ sono qui io che vi vedo,/ che vi sento e che vi comprendo…»).

Il testo citato, da Al progni sérbi, imposta un tono a cui il poeta rimarrà in buona parte fedele. Il poemetto La néva (La neve) lo completa e lo amplia: assorbe soffi di oralità, fa posto ad allusioni storiche precise (la guerra, i deportati, gli scomparsi) ma sempre lasciando che un senso più ampio si faccia strada. Alcune caratteris­tiche tecniche collaboran­o al farsi di questa poesia: Baldassari scrive spesso in una forma sintattica non articolata, come giustappon­endo sequenze. Evoca situazioni, stati, dimensioni, più che costruire strutture complesse e gerarchica­mente ordinate. Ingloba voci, mescola la comunità — più o meno sognata — del suo dialetto con l’individuo lirico. Si aggira, spaesato e insieme profetico, verso un misericord­ioso ritrovamen­to: « E u s’atrôva j amìgh ch’i scor tra d’ló » («E si trovano gli amici che parlano tra loro»).

 ??  ?? TOLMINO BALDASSARI La néva. Poesie (1974-1981) Prefazione di Franca Mancinelli RAFFAELLI EDITORE Pagine 144, € 15
TOLMINO BALDASSARI La néva. Poesie (1974-1981) Prefazione di Franca Mancinelli RAFFAELLI EDITORE Pagine 144, € 15

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy