Corriere della Sera - La Lettura
Ernaux, indagine su me stessa
Un giorno Annie trova una vecchia fototessera: chi è quella liceale? Ma qui ancora una volta l’autrice rinuncia all’Io: così la memoria di una ragazza diventa «Memoria di ragazza». Come già aveva rinunciato al padre privato per restituirci un padre universale e al Novecento privato per il Novecento di un popolo
Ricordare, sempre. Scorticarsi sulla pagina, infine. Non c’è altro a cui risponda Annie Ernaux, l’autrice che un giorno disse «Dimentico solo il pudore». È questo l’inno di Memoria di ragazza, il libro che ha stordito la Francia e che esce in Italia con una traduzione magnifica di Lorenzo Flabbi, rivelando quanto possa essere implacabile la letteratura.
«Volevo un’inchiesta: un’inchiesta su un passato che ero io e che non sono più io». Annie Ernaux racconta Annie Ernaux senza esserlo, riportando lo straniamento che la scrittrice avvertì ritrovando una sua fototessera nell’anno della maturità. È un ritratto in bianco e nero, c’è una diciottenne con il volto ovale, la frangetta arricciata, la fronte alta, le labbra che abbozzano un sorriso, manca un mese all’estate che la svezzerà. È lei stessa, ma non è lei: Ernaux si separa da ciò che è stata per consegnarci, universale, l’epoca della giovinezza. Estingue la nostalgia e baratta l’identità con un interrogativo: come ci ricordiamo, è davvero come eravamo?
Impossibile rispondere, e qui sta la ferita che la letteratura deve aprire e
«Volevo scrivere un’inchiesta, un’inchiesta su un passato che ero io e che non sono più. Cercavo il momento esatto della fine dell’adolescenza: l’attraversamento del mondo, la scoperta dell’eros»
mai cicatrizzare, mai riparare, mai rimuovere. «Ripudiavo un romanzo ben oliato, una narrazione di fantasia, cercavo il momento esatto della fine dell’adolescenza quando ognuno fa un’esperienza totale, l’attraversamento del mondo, la scoperta dell’eros, degli istinti, l’essere dentro gli anni Sessanta con i suoi divieti e le sue trasformazioni. Questo, mentre si diventava donne. Ecco perché s’intitola Memoria di ragazza e non “Memoria di una ragazza”». Dire Egli invece di dire Io. Andare oltre: dire Tutti.
È il codice di una scrittrice che ne Il posto ha già rinunciato a suo padre per restituirci un padre, e di chi ne Gli anni ha barattato un Novecento privato con il Novecento di un popolo. Rimaneva da assaltare un lembo di esistenza: la vacanza dopo la fine del liceo, quando i giovani proletari come lei avevano a disposizione la scelta di lasciare la Normandia per fare da educatori nelle colonie di un altro mare. È il giugno del 1958 quando Annie parte, «accollandomi l’imbarazzo di una madre che mi ha ac- c o mpa g n a t o f i n o a l l a s t a z i o n e d i Rouen, per poi censurarla per sempre una volta salutata».
Va in scena la prima uscita dalla famiglia, l’addio alle camicette accollate, l’impatto con la ferocia dei coetanei, l’incontro con il maschile e le sue leggi nette. Quando la ragazza varca la Colonia, «spontaneamente mi viene da dire: tutto in lei è desiderio e orgoglio. E: sta aspettando di vivere una storia d’amore ». Perché quelle che ha vissuto finora «sono quelle che vive nei libri, di cui è ingorda da quando ha imparato a leggere. È grazie a loro e alle riviste femminili che conosce il mondo» .
Appena trova la sua fototessera della maturità, Ernaux sa di avere in mano l’attimo in cui il femminile sta per cambiare: è una materia incandescente e la getta nell’impossibilità di saperla narrare, «non sono mai andata oltre le prime pagine, tranne una volta, un anno in cui il calendario dei giorni della settimana corrispondeva a quello del 1958. Sabato 16 agosto 2003 ho cominciato a scrivere “Sabato 16 agosto 1958, ho un paio di jeans di seconda mano, comprati per 5.000 franchi da Marie Claude che li aveva pagati il doppio...” », Ernaux ten-