Corriere della Sera - La Lettura
1981 Berlino
Per i conservatori il popolo è solo una porzione del corpo sociale: quella che vive nelle campagne e si riconosce nei sani valori della tradizione
Il viaggio di Massimo Zamboni diventa il viaggio di un’intera generazione Parole e musica di una città che fu capitale del mondo e adesso non lo è più (ma solo pensarlo è una cattiveria)
da multare per eccesso di gioventù», scrive Zamboni.
Ma anche una generazione che aveva creduto nel «cambiamento», raccontata dentro l’autobiografia di un compositore, musicista, da molti anni scrittore: il libro attraversa quasi quattro decenni — di fatti personali, con lo scioglimento del primo gruppo e la fondazione del successivo Csi, e storico-politici, con quell’Europa che allora aveva un Muro a dividerla e ora ne invoca altri a difenderla — tenendo Berlino come «città faro». Un «paradosso», scrive Zamboni, visto che quella Berlino ancora segnata dal ricordo di 67 milioni di tonnellate di macerie post-belliche era certo «una città oppressa, triste» ma nel contempo «attirava moltissime persone».
Senza rimpianti, sottolinea. E però con due consapevolezze raggiunte.
La prima: che quando il presidente Kennedy in visita a Berlino Ovest definì «quel» Muro come «la manifestazione più forte del fallimento del sistema comunista» né lui né altri seppero evidentemente prevedere che oggi le «rinnovate barriere di cui si arma il mondo» manifestano «il fallimento non di un regime ma dell’esperienza umana tout court ». La seconda: che questo racconto può essere «guida di un viaggio in un mondo estinto e irripetibile, neppure immaginabile per i visitatori attuali». Città-metafora che fino a un certo momento era stata sempre avanti a tutto il resto: nel ‘90 dopo la caduta del Muro, nel ‘99 alla vigilia dell’euro. E ora invece, dice Zamboni, per la prima volta «invecchiata di colpo»: ma «forse è una impressione ingiusta, ne sono già pentito». E comunque «una cosa — è la sua premessa — ho potuto apprendere a Berlino: la storia non solo non è maestra della vita; non è neanche bidella». Ma conoscerla e non dimenticarla è già molto.