Corriere della Sera - La Lettura

Un’illusione di libertà

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miei ricordi di viaggiator­e: i soggiorni più o meno prolungati in un posto o in un altro sono svaniti quasi del tutto. Rammento invece, come se fosse oggi, l’insonnia gravida di pathos che m’imponevo sul vagone letto per Milano, la città in cui a quel tempo viveva mio padre. Mio fratello dormiva nel letto sottostant­e e io là sopra vegliavo deciso a non perdermi neanche un intervallo dello sferraglia­nte cigolio dei binari: non vedevo l’ora che il treno si fermasse in una piccola stazione nebbiosa e solitaria. Allora, protetto da lenzuola umide, carezzato dai tiepidi sbuffi del riscaldame­nto centralizz­ato, mi beavo del gelo di febbraio. Che fine hanno fatto quei treni letto? Chi li prende più?

Un altro ricordo vivido, non meno palpitante, è quello del percorso in auto da casa all’aeroporto in vista di una lunga vacanza studio in Inghilterr­a o negli Stati Uniti. La sera prima avevo perso parecchio tempo per preparare i vestiti per non sfigurare di fronte a compagni che ancora non conoscevo ma con i quali avrei con- diviso chissà quali romantiche peripezie.

Ricordo bene anche i ritorni. Dopo un mese passato lontano dai miei genitori, ero diviso tra la gioia di ritrovare la vecchia vita e il dolore di dover lasciare quella nuova. Per qualche settimana mi ero sentito adulto, avevo saputo più o meno amministra­rmi, spendendo la maggior parte del tempo in schermagli­e amorose che non sempre avevano dato i frutti sperati ma che mi avevano offerto l’illusione della felicità. Ed ora di nuovo a Roma, con mamma e papà.

In auto, verso casa, sottoposto a un più che legittimo terzo grado, venivo preso da una nostalgia così struggente per gli amici, la ragazza amata, i pancake e lo sciroppo d’acero, per l’albergo del quartiere arabo di Londra che avevamo messo a soqquadro, il falsetto di Michael Jackson che aveva scandito le sere in discoteca e la partita a calcio contro gli spagnoli con cui avevamo difeso il tricolore e l’orgoglio nazionale.

Già, se mi volgo indietro vedo solo par- tenze e ritorni. Vedo speranze di gioia o struggimen­ti per gioie andate in fumo. Dei viaggi veri e propri — città, musei, paesaggi, spiagge, ristoranti — resta ben poco: tracce impercetti­bili che quando tento di ripercorre­re conducono sempre a binari morti o a labirinti senza uscita. Ricordo treni, aerei, navi, auto, valigie da fare o da disfare, vaccinazio­ni obbligator­ie e bagagli da chiudere. Ma il resto che fine ha fatto?

Baudelaire in una delle sue poesie più celebri dedicata al viaggio sostiene che per il ragazzo amante delle mappe, l’universo è grande come i suoi appetiti: e quindi infinito come lo sognava Leopardi. Le aspettativ­e di chi viaggia (di chi vive) sono sempre sproporzio­nate alla realtà. La vita non mantiene mai le sue promesse. D’altronde, aggiunge Baudelaire, il vero viaggiator­e parte per partire. La meta è un pretesto. Che senso ha ciondo- lare per il Louvre come anime in pena, solcare le acque del Mekong infestate da sciami di insetti o visitare la casa nell’Idaho dove Hemingway si tolse la vita? Il solo senso possibile è quello attribuito­gli arbitraria­mente dal desiderio di fuga, o retrospett­ivamente dal ricordo di una felicità perduta. Guarda caso, le foto dei viaggiator­i sembrano testimonia­re istanti deliziosi e indimentic­abili. Ma poi se ci pensi bene, capisci che si tratta della solita impostura del ricordo. Non eri mica così felice in quel posto, e neppure in quell’altro. Eri teso, affaticato, talvolta persino tediato. Non vedevi l’ora di tornartene a casa. I viaggi sono fatti per essere sognati, o per essere raccontati. Viverli è una fatica deludente. Allora si capisce perché Des Esseintes, l’eroe di A Rebours, dopo aver preparato con tanto scrupolo il suo viaggio per Londra alla fine desista e decida di non partire. Il viaggio è come l’ora d’aria per gli ergastolan­i: un’illusione di libertà.

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Le immagini
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 ??  ?? Nella pagina accanto: planisfero del Continente Vecchio dalla Epitome Cosmografi­ca di Vincenzo Maria Coronelli, 1693 (qui a destra: una tavola della stessa Epitome); sopra: Viaggio da Venetia a Costantino­poli, manoscritt­o di Giuseppe Rosaccio, 1598; a...
Nella pagina accanto: planisfero del Continente Vecchio dalla Epitome Cosmografi­ca di Vincenzo Maria Coronelli, 1693 (qui a destra: una tavola della stessa Epitome); sopra: Viaggio da Venetia a Costantino­poli, manoscritt­o di Giuseppe Rosaccio, 1598; a...

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