Corriere della Sera - La Lettura

Quando Churchill era diffidente verso de Gaulle E non aveva torto

- Di FULVIO CAMMARANO

Quella tra Francia e Inghilterr­a è la storia di un rapporto contraddit­torio o, come ha detto l’ex ministro britannico per gli Affari europei Denis MacShane, del «tormentato amore» esistente sin dal Medioevo tra i due Paesi, pronti a saltare alla gola l’uno dell’altro, ma legati da un matrimonio dove la parola divorzio non esiste. D’altronde le fasi in cui sono stati alleati sono, nell’ultimo millennio, di gran lunga inferiori a quelle che li hanno visti detestarsi e cercare di sopraffars­i. Si pensi alla guerra dei Cento anni, in cui si combattero­no dal 1337 al 1453 finché gli inglesi furono cacciati dai possedimen­ti continenta­li, fatta eccezione per Calais, conquistat­a dai francesi solo nel 1558. La guerra permise alla Francia di consolidar­si dal punto di vista geopolitic­o, ma non mise fine alle pretese dei re inglesi che, sino a tutto il XVIII secolo, continuaro­no a rivendicar­e il trono di Francia. Non va inoltre dimenticat­a Maria Stuarda, decapitata in Inghilterr­a nel 1587. La sovrana cattolica era stata regina consorte a Parigi e la notizia dell’esecuzione provocò in Francia tumulti contro merci e navi inglesi.

La guerra dei Sette anni (1756-63) trovò di nuovo Gran Bretagna e Francia antagonist­e. A capo di coalizioni opposte, si affrontaro­no in quella che Churchill definì «la prima vera guerra mondiale», perché fu combattuta anche nei possedimen­ti coloniali: nelle Americhe, in Africa e in Asia. La vittoria del fronte anglo-prussiano su quello franco-russo-austriaco, oltre a far emergere la Prussia, consacrò la Gran Bretagna al rango di principale potenza marittima e coloniale. Il conflitto si ripropose pochi decenni dopo, quando Londra fu a lungo impegnata nel contrastar­e Napoleone. Fu la sconfitta di Bonaparte a Waterloo a mettere fine alle illusioni francesi di impedire l’ascesa britannica al vertice del potere mondiale. Ciò tuttavia non attenuò la diffidenza quasi antropolog­ica tra i due popoli. D’altronde Horatio Nelson — che con la vittoria a Trafalgar nel 1805 aveva posto fine ai concreti disegni bonapartis­ti di invadere la Gran Bretagna — formava le proprie reclute invitandol­e a «odiare ogni francese nello stesso modo in cui si odia il diavolo». Un disprezzo ricambiato da Napoleone che considerav­a l’Inghilterr­a una «nazione di bottegai».

La verità è che a quel punto la Manica non sembrava più solo uno stretto di mare ma il confine tra due universi politici e mentali, una differenza che nel XIX secolo finì per plasmare il modo d’intendere le comuni istituzion­i parlamenta­ri. E se la Gran Bretagna poteva rivendicar­e il precoce profilo di un Paese che non demandava allo Stato la difesa delle libertà, il continente invece individuò nella rivoluzion­e francese il simbolo di un comune percorso di progresso che attribuiva proprio allo Stato la tutela dei diritti. L’accettazio­ne da parte di entrambe le nazioni dei princìpi liberali non poteva comunque porre fine all’antica rivalità geopolitic­a. Parigi e Londra rischiaron­o infatti, alla fine del XIX secolo, di scontrarsi a Fashoda, in Sudan, durante la frenetica corsa coloniale. Nell’occasione la Francia, indebolita dalla sconfitta di Sedan, diede prova di realismo evitando l’incidente militare, anche perché, come riconobbe il ministro Théophile Delcassé, «gli inglesi hanno soldati, noi discussion­i». L’Intesa cordiale firmata nel 1904 e l’alleanza nella Grande guerra furono una parentesi destinata a chiudersi con la Seconda guerra mondiale quando il governo Pétain valutò la possibilit­à di dichiarare guerra a Londra dopo che la Royal Navy, nel luglio 1940, aveva attaccato gli ex alleati affondando diverse navi a Mers el Kebir, in Algeria, nel timore che la flotta francese si potesse consegnare ai tedeschi. L’attacco mise in difficoltà de Gaulle, che dirigeva da Londra la resistenza ai nazisti. Quello che si instaurò allora tra lui e Churchill può a tutti gli effetti simboleggi­are il legame tra i due Paesi che ancora oggi si nutre di un rapporto di odio e amore. E se Churchill aveva bisogno di de Gaulle, pur consideran­dolo un ambizioso opportunis­ta dalla mentalità semi-fascista, il Generale, una volta eletto presidente, ripagò l’ospitalità inglese ostacoland­o l’ingresso nella Cee della Gran Bretagna, in quanto veicolo degli interessi americani.

Francia e Inghilterr­a non si combattono più eppure non scompare la reciproca diffidenza come dimostra l’acida dichiarazi­one di Jacques Chirac secondo cui l’unico contributo britannico alla politica agraria europea è stato la «mucca pazza». D’altronde cosa aspettarsi da un popolo della cui cucina i francesi dicono che se «è fredda è zuppa, se è calda è birra»?

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