Corriere della Sera - La Lettura

Brunellesc­hi

- Di CARLO BERTELLI

La prima dimostrazi­one della rappresent­azione scientific­a della terza dimensione su di un piano, ovvero della prospettiv­a, ha una data: Firenze, 14101413. In tutta la storia dell’arte, nessun’altra metamorfos­i può vantare un atto di nascita. Secondo la testimonia­nza dell’allievo Antonio Manetti, Filippo Brunellesc­hi su di una tavoletta quadrata di circa 30 centimetri di lato, aveva dipinto un’immagine esatta del battistero di Firenze, con tutte le sue tarsie, quale sarebbe apparsa a chi, stando sulla porta di mezzo del duomo, avesse guardato l’edificio da un’altezza di circa un metro e mezzo.

Nella stessa tavoletta l’architetto aveva praticato un foro passante, svasato, da cui uno spettatore avrebbe potuto guardare la stessa immagine dipinta riflessa in uno specchio tenuto a distanza col braccio. L’illusione era perfetta, tanto più che lo sfondo era d’argento brunito e vi si rispecchia­va il cielo. Si poteva guardare la realtà e nello stesso tempo controllar­ne la perfetta riproduzio­ne. In questo primissimo esperiment­o tutti gli elementi della costruzion­e prospettic­a erano presenti.

Circa vent’anni dopo la dimostrazi­one di Brunellesc­hi, Leon Battista Alberti, nel trattato sulla pittura, ne spiegò il metodo e ne fece la base della pittura moderna. Erano passati a stento due anni dalla pubblicazi­one dell’Alberti quando Paolo Uccello, con il trittico della battaglia di San Romano, dimostrò trionfalme­nte che le leggi della prospettiv­a erano applicabil­i non soltanto alla rappresent­azione di un’archi-

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