Corriere della Sera - La Lettura
Schiavi al potere, l’avventura dei mamelucchi
Massimo Campanini ripercorre le vicende dell’Egitto dalla conquista musulmana in poi
All’inizio non fu altro che una disadorna sala da preghiera. La moschea di ’Amr, a vederla oggi, è completamente diversa, ma segna ancora il momento in cui la storia dell’Egitto islamico ebbe inizio: a metà del VII secolo, quando il comandante ’Amr ibn al-’As fondò Fustat, il primo nucleo di quello che un giorno sarebbe stato Il Cairo. Più di due secoli dopo, nell’879, veniva terminata la moschea dedicata al capo militare Ibn Tulun: uno dei più impressionanti edifici della capitale egiziana, segno tangibile di autorità politica e grande esempio di architettura islamica. Due luoghi che in modo diverso rappresentano bene il punto di partenza di una lunga storia.
Massimo Campanini, nel suo ultimo libro Storia dell’Egitto (il Mulino), segue con meticolosa precisione le vicende politiche e religiose del Paese, a partire dai tempi della conquista araba, nel 642 d.C., passando per il periodo di dominazione fatimide (un califfato sciita antagonista che prese il potere nel X secolo), e giungendo poi al lungo periodo del governo degli schiavi (in arabo mamluk, da cui mamelucchi), addestrati per diventare formidabili combattenti. Il volume prosegue poi attraversando i secoli della dominazione ottomana, che avrebbe avuto la sua parabola finale nel colonialismo ottocentesco, sino alla dichiarazione di indipendenza del 1922.
Infine la complessa trama contemporanea: la nascita dell’islam politico dei Fratelli musulmani, le spinte nazionalistiche di metà Novecento; la salita al potere di Abdel Nasser a partire dal 1952; e poi gli sconvolgimenti più recenti, con la disillusione delle primavere arabe, sino all’attuale governo di al-Sisi.
L’autore traccia per scelta una storia politica, guardando soprattutto alle vicende del potere e alla tradizione religiosa maggioritaria, in tutte le sue secolari trasformazioni. Una storia degli eventi, insomma, che inevitabilmente lascia sullo sfondo la complessità sociale e culturale di una terra da sempre crocevia di scambi e relazioni. Una storia di grande importanza, però, perché spiega molto del Mediterraneo e aiuta a comprendere tanto di questo difficile presente. Perché, come ricorda giustamente Campanini al termine del volume, lo sguardo dell’osservatore occidentale è spesso troppo teso a enfatizzare gli elementi più estremisti dell’islam politico, tralasciando di considerare l’islam dell’establishment; imparare a distinguere è un buon primo passo per cominciare a capire.