Corriere della Sera - La Lettura
Tecnico e anche attore: aggiusto le luci mentre declamo i versi di Pipino
«Mio padre era imprenditore. Il teatro lo vedeva come il fumo negli occhi. L’unica volta che venne a vedermi se ne andò delusissimo. Ero il tecnico luci ma avevo una particina anche come attore. Il titolo era Black comedy, di Gabriele Calindri. Una commedia degli equivoci che si svolgeva al buio e dove l’attesa era per l’arrivo di un miliardario, cioè io. Entro in scena, la luce si riaccende e mi cacciano perché mi scambiano per un altro. Il tutto meno di un secondo». Paolo Latini, 54 anni, milanese, trattiene a stento una risata quando racconta l’aneddoto. Uno dei mille collezionati nella sua carriera. Oggi lavora stabilmente come tecnico luci e insegnante alla Scuola Paolo Grassi di Milano, dov’è tra l’altro il gattaro di una importante colonia felina. Un punto d’arrivo. «Cominciai a scuola, facevo il liceo scientifico al Gonzaga, dai Salesiani, fondammo con un gruppetto di amici il Teatro speranza. Sono l’unico che ha continuato». E così ecco il tecnico al lavoro con Paolo Pivetti che porta il teatro nelle scuole, poi al Rosetum, la sala dei frati Cappuccini. E poi il salto alla scena sperimentale e infine eccolo fondare, con il regista Alberto Ferrari e lo scenografo Fabrizio Palla, il Teatro Libero. «Lo abbiamo costruito dal nulla, dal palco agli impianti». Può succedere di tutto in teatro. «Anche di dormire tra un cambio luci — ricorda Paolo —. M’è capitato un giorno che c’era in scena uno spettacolo bellino ma lento». Mai però come quando «ero sia tecnico che interprete, indossavo i panni di Pipino il Breve: in scena ci fu il panico, le luci non erano quelle giuste. Declamando versi feci un’uscita rapida per girare l’interruttore che aveva mandato in tilt l’impianto».