Corriere della Sera - La Lettura
Reportage dalle frontiere dove finisce ogni desiderio
Uno dei tratti centrali del lavoro di regista di EneLiis Semper è l’alto livello di energia scenica dei suoi attori, che dirige sul palco come un ensemble ben sintonizzato. «Le arti visive — sostiene —, al contrario del teatro “tradizionale”, trasmettono una sorta di potenza grezza. In scena, i miei interpreti non possono limitarsi a ripetere le battute del copione ma devono impegnarsi a produrre quella potenza». Tra le qualità specifiche del suo lavoro, hanno un ruolo importante, spiega, «la capacità di sviluppare metafore sociali da esperienze ed emozioni molto personali», e la modalità espressiva con cui sviluppa il formato dei suoi spettacoli, che spazia dalle rappresentazioni in uffici e in altre situazioni non sceniche, alla tv, ai film, alle produzioni in grande scala per migliaia di spettatori alla volta. La sua è una visione del mondo astratta, che scava nel nucleo più amaro di ciò che significa essere uomini: «Nascere esseri umani è naturale — dice —, è rimanere esseri umani che è eroico».
Alla Biennale Teatro presenta due spettacoli: Filth (26 luglio, Teatro alle Tese), ispirato a Il demone meschino del russo Fëdor Sologub, una denuncia spietata della società capitalista; El Dorado, the Clowns’ Raid of Destruction (27 luglio, Tese dei Soppalchi) esplora invece i paradossi della condizione umana, prendendo ispirazione dal romanzo Daimón dello scrittore argentino Abel Posse, dalla rapacità del conquistatore ribelle Lope de Aguirre e dalla descrizione dell’Amazonas, definita «una terra dove finisce ogni desiderio».