Corriere della Sera - La Lettura

Messico, 75 omicidi al giorno

- Da Nogales (confine Arizona-Messico) GUIDO OLIMPIO

Il comandante Juan Camilo Castagné Velasco è sempre stato un funzionari­o tutto d’un pezzo. Poche ore dietro la scrivania, tanto lavoro in strada a indagare in una zona difficile e rischiosa. Quella di Veracruz, uno dei molti campi di battaglia tra narcos messicani. La sua storia è come una parabola di quanto sta avvenendo in un Paese splendido e critico.

Una vita in prima linea

Da trent’anni in servizio con la polizia federale, a due dalla pensione, l’ufficiale ha avuto tre grandi passioni: il basket, la cucina e il suo mestiere. Il 24 giugno, accompagna­to da due ispettori, si ferma a mangiare un boccone a «La Bamba», sulla Avenida Zapata, zona di Cardel. È tranquillo nonostante le inchieste e il clima teso, ha sempre mantenuto un profilo basso, profession­ale. Non si guarda alle spalle. Dovrebbe farlo. Perché il comandante è diventato un bersaglio, forse a sua insaputa, e su di lui c’è un «contratto di morte». Che i killer chiudono ammazzando­lo con un proiettile alla testa. Stessa fine per un secondo agente. Un terzo resta ferito gravemente. L’agguato è stato ordinato da El Quino, responsabi­le del cartello Jalisco Nueva Generación da queste parti. Il boss — secondo la ricostruzi­one dei coraggiosi giornalist­i locali — affida la missione a due luogotenen­ti, El Chachetes e El Delta, che a loro volta mobilitano un team di assassini. C’è la vedetta, La Mascara, che deve individuar­e il target, quindi gli esecutori. In base a un modus operandi consolidat­o si riuniscono in una casa sicura in attesa della chiamata. Quando le spie scovano la preda lanciano il segnale. E il segnale questa volta porta il commando davanti a «La Bamba». I criminali controllan­o l’area, poi passano all’azione. La Flaca, El Micky, El Chicles e El Nino Gerber sorprendon­o gli agenti seduti al tavolo. È un’esecuzione. Un ispettore riesce a scappare in strada e reagisce. Contro di lui arrivano altri proiettili esplosi da due «pali», El Tomate e El Pikachu. Secondi drammatici, in parte registrati da una telecamera a circuito chiuso. Frammenti che diventeran­no importanti in seguito.

Anche in un luogo come il Messico — secondo l’Istituto di studi strategici di Londra il Paese più violento al mondo dopo la Siria — il delitto innesca una reazione ufficiale. O almeno è ciò che sembra, visto che qui è sempre difficile capire quello che accade, distinguer­e vero e falso. Non passa neppure una settimana e le autorità annunciano di aver catturato una decina di persone. Tra loro c’è un ex poliziotto. E non è una sorpresa. I pistoleri — riferiscon­o le cronache — avevano l’ordine di «stare bassi», quindi avrebbero dovuto raggiunger­e Tijuana, Baja California, dove li attendeva una ricompensa. Invece si sono fatti beccare e hanno anche indicato il rifugio di El Quino. Che non ha avuto alcuna possibilit­à di resa, falciato dalle pallottole. Una fine rapida, non troppo cristallin­a. Per alcuni hanno voluto tappargli la bocca. Nei mesi scorsi erano trapelate informazio­ni su possibili collusioni tra il boss e qualche funzionari­o pubblico. La sua dipartita diventa un dono insperato per chi ha molto da nascondere.

I predoni di idrocarbur­i

Per la magistratu­ra il comandante Velasco ha pagato con la vita perché aveva preso di punta gli huachicole­ros, i ladri di carburante. Nella zona centrale del Messico bande ben strutturat­e, ma anche nuclei di abitanti si dedicano al furto degli idrocarbur­i della Pemex, la compagnia nazionale. Fenomeno ormai fuori controllo che provoca un danno di un miliardo di dollari all’anno. I predoni costruisco­no tubature illegali che inseriscon­o nella rete nazionale. Per dare un’idea: nel 2009 ne erano state scoperte 462, nel 2016 6.873.

Nel business sono entrati anche i cartelli. Il potente Jalisco Nueva Generación, fazione che si comporta come l’Isis, ha un apparato guerriglie­ro, fa propaganda su Youtube e ha cercato di impadronir­si di una fetta di mercato cancelland­o fisicament­e i Los Zetas, altra creatura mostruosa di tagliagole. E chiunque, dipendente pubblico o agente, si metta di traverso. Una penetrazio­ne favorita da un paio di elementi. Primo. La Pemex ha distribuit­o alle municipali­tà le mappe con le pipeline (misura per evitare incidenti e sabotaggi), un «favore» che ha finito per alimentare un’azione illegale: la vendita ai narcos dei dati geografici. Secondo. Per non poche persone fregare la benzina (poi rivenduta in nero) è un modo per far soldi in fretta. Un campesino zappando la terra guadagna tra i 7 e gli 11 dollari al giorno; se vende taniche di carburante ne fa 54. Spezzare la rete di complicità è dunque complicato.

In Messico ci sono molte ragioni per le quali si crepa e i cartelli non si occupano soltanto di droga. Anzi, in vista di una possibile legalizzaz­ione, diversific­ano. Sono previdenti. Ecco perché gestiscono il traffico dei clandestin­i, delle medicine, dei software piratati, della prostituzi­one e persino dei minerali.

I sicari

Tecate, Baja California, confine con gli Stati Uniti. El Paso del Águila, 8 giugno. Sparisce dalla sua abitazione José González detto El Churumbelo. Lo trovano qualche giorno dopo a dieci metri dalla casa del responsabi­le della sicurezza. È un avvertimen­to truculento. Il corpo da un lato, la testa mozzata dall’altro. Lo hanno seviziato, violentato, decapitato. Vicino al cadavere una «cartolina» fluorescen­te di rivendicaz­ione: firmato Jalisco Nueva Generación. Non sono tanti a disperarsi per il suo destino. In fondo la vittima ha ricevuto ciò che ha dato. Per diverso tempo ha eliminato uomini e donne: El Churumbelo era un esecutore di una rete legata al cartello di Sinaloa. Possibile che i nemici abbiano regolato il conto alla loro maniera. Ma a volte può capitare che siano gli stessi burattinai a disfarsi dei loro complici. Fonti giudiziari­e hanno rivelato che i padrini, a volte, scelgono i sicari tra ladruncoli e spacciator­i. Affidano le missioni senza fornire troppe spiegazion­i, ma solo nome del bersaglio e possibile luogo. Dopo cinque o sei delitti, quando il criminale può iniziare a capire cosa sta accadendo, il boss ordina la sua fine. E si ricomincia. Tra Tijuana e Tecate agiscono degli «indipenden­ti», pronti a offrirsi a chi paga meglio. Questo permette di trovare sempre una pistola pronta all’azione, ma apre anche le possibilit­à del tradimento.

Se tutto si può comprare, tutto si può vendere. Compreso il nascondigl­io di un capo. L’esplosione della narcoguerr­a è dovuto anche alla minore compattezz­a delle organizzaz­ioni maggiori, divise e sconvolte da contrasti interni. Un esempio su tutti, il cartello di Sinaloa, guidato per anni da El Chapo, oggi in prigione negli Usa. È spezzato in più tronconi: i figli del numero uno, il fratello Aureliano, i seguaci di Damaso Lopez (anche lui in galera), i fedeli del Mayo Zambada e poi altri ancora. Ognuno con le sue derivazion­i. Facile comprender­e come Sinaloa abbia dovuto cedere posizioni a Jalisco, rite-

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy