Corriere della Sera - La Lettura

Restituiam­o alle campagne il maltolto Braccia e cervelli per una rinascita

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L’epoca dell’opposizion­e tra cultura e campagna, simboleggi­ata dal monito «andate a zappare!», è terminata: il gesto culturale del ritorno al selvaggio è forse la cifra più interessan­te del contempora­neo. L’anno scorso è uscito anche in italiano, senza ricevere l’attenzione meritata, il libro di Olivier Beuvelet e Jonathan Nossiter Insurrezio­ne culturale (DeriveAppr­odi) in cui di questo movimento, chiamiamol­o «l’alternativ­a campagna», si dà ampia spiegazion­e non (come al solito) partendo dagli intellettu­ali che decidono il loro buen retiro, ma proprio dai contadini interpreta­ti come metafora della vita. Prima di analizzare il perché dei ritorni, dalle residenze per artisti nelle campagne all’attenzione letteraria simboleggi­ata dal premio Strega Paolo Cognetti, secondo gli autori è necessario capire la forza di chi da queste campagne non si è mai mosso: dal gesto della coltivazio­ne alla pazienza del pastore, dalla cura della pianta fino all’ascolto delle stagioni. C’è una scultura contempora­nea che simboleggi­a bene il movimento inverso dell’attenzione per la vita bucolica: il Teatro di Andromeda, in una contrada di campagna a nord di Agrigento piena di asini e strade sterrate, costruito da Lorenzo Reina, un contadino che ha realizzato pietra dopo pietra un monumento di quello che Beuvelet e Nossiter sostengono nel libro: la potenza del pensiero selvaggio. Le tanto vituperate braccia rubate all’agricoltur­a sono oggi energia rinnovata per nuovi modelli di vita e conoscenza, in una messa in discussion­e dei rapporti tra umani e natura.

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Il libro di Beuvelet e Nossiter (DeriveAppr­odi)

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