Corriere della Sera - La Lettura
DANNATE «RISORSE» BERSAGLIO DELL’ODIO
«Nordafricani violentano ragazza: “risorse” boldriniane da castrare». «Risorse in fuga dopo lo scippo alla stazione». Le maschere del razzismo sono infinite, creative e a volte prendono il volto di un termine dal significato positivo. Di questi tempi, sul web e dintorni, è una epidemia di «risorse». Fotografie di migranti seduti in un parco pubblico a oziare e descritti come «risorse»; il video di un giovane africano che pedala incautamente in autostrada accompagnato dal sarcastico commento: «Ecco le risorse!».
Il razzismo è ampiamente «sdoganato». Lo si esibisce a viso aperto, senza neppure premettere il classico «non sono razzista, però…» (i «Norapperi» , come li chiama Federico Faloppa in Contro il razzismo, Einaudi, 2016). Definire ironicamente «risorse» i migranti per intendere l’esatto contrario (un «fardello», «qualcosa che costa», una «calamità») crea relazioni empatiche tra chi usa il termine, permette di condividere il razzismo senza ricorrere a termini più grevi. «Risorse» concentra diversi tipi di odio: contro migranti e profughi in primo luogo; contro i «politici», perché il termine è spesso accostato alla presidente della Camera Laura Boldrini, rea di aver definito i migranti una «risorsa» e un’avanguardia del mondo globalizzato; contro gli intellettuali (qualunque cosa significhi oggi) che usano parole ricercate come «risorse» e non imprecazioni da osteria per denunciare gli immigrati che rubano il lavoro.
Distillato dall’alto, da una competizione politica senza scrupoli che crea stalagmiti di odio crescenti, l’uso di «risorse» segna un’ulteriore svolta nella diffusione di un razzismo compiaciuto, ostentato con il sorriso sulle labbra e la convinzione di essere (ancora e sempre) l’avanguardia dell’umanità più progredita.